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Sala Umberto, “Romeo e Giulietta. L’amore è saltimbanco”. La nostra recensione.

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con Anna De Franceschi, Michele Mori, Marco Zoppello
scenografia Alberto Nonnato
costumi Antonia Munaretti
maschere di Roberto Maria Macchi
produzione Stivalaccio Teatro
distribuzione Terry Chegia
soggetto originale e regia Marco Zoppello
Roma, 29 ottobre 2024
“All the world’s a stage, and all the men and women merely players; they have their exits and their entrances.”
– William Shakespeare

Lo spettacolo “Giulietta e Romeo” di Stivalaccio Teatro irrompe sulla scena con una potenza travolgente, trasformando ogni momento in un vortice di gesti, dialetti, parodie e improvvisazioni che immergono lo spettatore in una dimensione sospesa, fuori dal tempo ordinario. La rappresentazione della tragicità shakespeariana viene scomposta e ricostruita attraverso il filtro dell’ironia, passando per la voce irriverente di Giulio Pasquati e Girolamo Salimbeni, maschere viventi di un teatro popolare che sfida e gioca con i limiti stessi della rappresentazione teatrale. La trama non è solo narrata, ma agita, declinata con una sensibilità metateatrale che mette in discussione la separazione tra finzione e realtà, tra spettacolo e vita. Il testo shakespeariano, uno dei capisaldi della letteratura occidentale, viene qui reinterpretato con leggerezza e inventiva, senza tradire la sua profondità ma valorizzandola sotto una luce diversa. “Giulietta e Romeo” è infatti attraversato da uno spirito dissacrante che non manca di rispetto all’opera originale, ma ne rinnova il senso, lo attualizza e lo porta a dialogare con un pubblico contemporaneo. Gli attori non si limitano a interpretare i personaggi classici, ma oscillano tra diversi ruoli, tra il serio e il faceto, creando un flusso continuo che coinvolge il pubblico fino a renderlo parte integrante dello spettacolo. Questa interazione, tanto straordinaria quanto disarmante, rende ogni reazione del pubblico un momento di partecipazione autentica. La presenza scenica è sostenuta da un ritmo serrato e un’energia vibrante, elementi che definiscono l’essenza di questo allestimento.

La scenografia di Alberto Nonnato, essenziale e mobile, si adatta fluidamente a ogni cambiamento di tono, trasformandosi con naturalezza da cornice poetica a spazio comico. Il disegno luci modula lo spazio e accentua con delicatezza i passaggi tra il comico e il poetico, diventando una componente espressiva che si insinua tra le parole e le azioni, creando chiaroscuri che esaltano le espressioni e i movimenti degli attori, amplificando la tensione emotiva e rendendo ogni cambio d’atmosfera ancora più pregnante. La tragedia di Giulietta e Romeo diventa veicolo di una vitalità incontenibile, una forza teatrale potente e difficile da contenere, incredibilmente viva. Il pubblico è coinvolto non solo come spettatore, ma come co-creatore di questo rito collettivo, un momento in cui il teatro torna a essere una festa, un’esperienza che trascende il semplice atto di guardare per diventare partecipazione, immersione e trasformazione.

A dare vita a questa straordinaria alchimia teatrale sono Marco Zoppello, Michele Mori e Anna De Franceschi, funamboli della scena, capaci di muoversi con disinvoltura tra precisione e spontaneità. Ogni battuta è accompagnata da una fisicità esuberante che riempie l’intero spazio scenico, trascinando gli spettatori tra il mondo della commedia e quello della tragedia. Gli attori recitano con tutto il corpo: i gesti, le espressioni del volto, le pause, tutto diventa linguaggio, un racconto che si dipana davanti agli occhi del pubblico, catturando e affascinando. I costumi di Antonia Munaretti, sobri ma curati nel dettaglio, evocano una dimensione popolare e artigianale, in linea con lo spirito della commedia dell’arte, in cui tradizione e innovazione si fondono senza perdere autenticità. Le maschere, tipiche del teatro popolare, simboleggiano una tradizione che si rinnova, un linguaggio che non conosce barriere temporali o culturali. Ogni elemento scenico è carico di significato, ma allo stesso tempo leggero, agile, pronto a trasformarsi e reinventarsi, in un gioco teatrale al contempo serio e ironico.

Il vero fulcro dello spettacolo è l’interazione con il pubblico. In questo spettacolo, la quarta parete viene infranta fin dai primi momenti, e il pubblico è chiamato a partecipare attivamente, a entrare nel gioco teatrale. Gli attori si rivolgono direttamente agli spettatori, coinvolgendoli con domande, battute, sguardi che rompono la distanza tra palcoscenico e platea. Questo dialogo continuo, questa apertura verso l’altro, rende lo spettacolo un’esperienza viva e unica, diversa ogni sera, modellata sulle reazioni di chi è presente in sala. L’energia in sala è talmente alta e vibrante da generare effetti contrastanti nel pubblico: c’è chi partecipa con entusiasmo, chi si lascia trascinare dall’esuberanza degli attori, e chi invece, più timidamente, si sente sopraffatto da tale vitalità. Non manca chi, fingendo disinteresse o annoiato, dissente su ogni azione sregolata sul palco e sul coinvolgimento attivo del pubblico. Questa molteplicità di reazioni rende ancora più affascinante l’atmosfera, contribuendo alla creazione di un microcosmo teatrale in cui ogni spettatore diventa protagonista. Il gioco delle parti, la consapevolezza della finzione, l’alternanza tra il ruolo dell’attore e quello del personaggio attraversano tutto lo spettacolo, conferendogli una profondità che va oltre la semplice comicità. Gli attori si muovono su un filo sottile, un equilibrio tra la necessità di far ridere e il desiderio di raccontare una storia tragica. Questo equilibrio è mantenuto con maestria, senza mai cadere nell’eccesso, preservando l’essenza del teatro come luogo di incontro, riflessione e condivisione.

Al termine della rappresentazione, gli applausi del pubblico risuonano come un’onda che si infrange sul palcoscenico, una manifestazione di gratitudine e entusiasmo che travolge gli attori e li avvolge in un abbraccio ideale. Questo tripudio finale non è solo una formalità, ma il culmine di un’energia condivisa, di una comunione di intenti e emozioni che trova la sua espressione in quel fragore di mani, in quel coro di voci che rende omaggio non solo alla bravura degli interpreti, ma al teatro stesso come atto di creazione e partecipazione. “Giulietta e Romeo” non è semplicemente uno spettacolo, ma diventa un’esperienza, un rito collettivo, un momento di assoluta magia scenica.

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Scritto da
Davide Oliviero -

Laureato in discipline umanistiche presso l'Università di Bologna sotto la guida del Professor Umberto Eco, ha avviato la sua carriera nell'archeologia classica, concentrandosi sulla drammaturgia greco-romana. Il suo interesse per il design lo ha spinto a seguire un corso triennale in design d’interni, continuando nel contempo a lavorare nel campo archeologico. Col tempo, ha sviluppato una passione per la scrittura e la musica classica, che lo ha portato a recensire opere liriche per 14 anni in teatri prestigiosi come il Teatro alla Scala, il Covent Garden e l’Opéra di Parigi. Ha inoltre curato contenuti culturali e musicali per diverse pubblicazioni. Negli ultimi anni ha scritto per la rubrica In Arte, trattando di mostre, teatro e arti letterarie a Roma, collaborando con istituzioni come le Scuderie del Quirinale e i Musei Vaticani. Ha recensito spettacoli teatrali, con particolare attenzione al musical e alla prosa, ed è accreditato presso i principali teatri italiani. La sua competenza lo ha reso un ospite frequente in programmi televisivi culturali, oltre a ricoprire il ruolo di giudice permanente per il Premio Letterario Andrea Camilleri. Attraverso i social media, promuove l’arte e la bellezza, fondendo abilmente leggerezza e profondità, rendendo questi temi accessibili a un vasto pubblico.

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