di Agatha Christie
traduzione e adattamento Edoardo Erba
con Ettore Bassi, Claudia Campagnola, Dario Merlini, Stefano Annoni, Maria Lauria, Marco Casazza, Matteo Palazzo, Raffaella Anzalone
scene Luigi Ferrigno
costumi Francesca Marsella
musiche Paolo Silvestri
luci Antonio Molinaro
regia Giorgio Gallione
Roma, 19 Novembre 2024
La tormenta di neve che avvolge la pensione Monkswell Manor non è soltanto un mero sfondo atmosferico, ma un simbolo pregnante di mistero e di isolamento, che avvolge i protagonisti e ne acuisce il senso di vulnerabilità. In questo microcosmo sospeso, dove il tempo sembra perdere consistenza, Mollie e Giles Ralston accolgono un eterogeneo consesso di ospiti, ciascuno dei quali reca con sé un bagaglio di segreti irrisolti e un’aura di ambiguità. L’arrivo del sergente Trotter, col compito di svelare il nesso tra un recente omicidio a Londra e i presenti nella pensione, rappresenta l’elemento catalizzatore di una tensione già palpabile: una tensione che Christie dosa magistralmente, alternando sprazzi di ironia a momenti di suspense di impeccabile precisione.
La storia di “Trappola per topi” non è solo una pietra miliare nella produzione della giallista inglese, ma anche un capitolo significativo della storia teatrale stessa. Debuttato all’Ambassadors Theatre di Londra nel 1952, è oggi lo spettacolo più longevo della scena mondiale. Eppure, il fascino di questo dramma non si limita alla sua longevità: è la straordinaria capacità della Christie di sondare le più riposte pieghe dell’animo umano a conferirgli un carattere universale. La produzione italiana curata dalla Pirandelliana riesce a riproporre l’opera non come una semplice rievocazione nostalgica, ma come una riflessione sui meandri della natura umana, mettendo in luce l’attualità di un testo che ancora oggi suscita domande e inquietudini.
Giorgio Gallione firma una regia che si distingue per l’equilibrio tra fedeltà al testo e inventiva interpretativa. Il regista evita con saggezza la trappola della riproduzione storica pedissequa, offrendo al pubblico una versione che, pur rispettosa del contesto originale, riesce a dialogare con il nostro presente. In questo senso, la sua regia appare essenziale e al contempo audace: le convenzioni dell’ambientazione britannica vengono decostruite, rimosse da quei cliché che avrebbero potuto farne una fredda ricostruzione d’epoca. La pensione Monkswell diventa un non-luogo, uno spazio simbolico in cui il mistero si traduce in inquietudine psicologica, più che in un mero espediente narrativo. L’ambientazione, curata da Luigi Ferrigno, traduce in scena l’atmosfera di isolamento e mistero evocata dal testo. La pensione è un microcosmo di tensioni latenti, in cui ogni oggetto diviene parte integrante del racconto: i mobili austeri, i colori smorzati, tutto contribuisce a una sensazione di attesa carica di presagi.
I costumi di Francesca Marsella, accurati e capaci di delineare con eleganza le personalità dei personaggi, sono parte di una messinscena in cui nulla è lasciato al caso, mentre il disegno luci di Antonio Molinaro, con i suoi passaggi studiati tra toni morbidi e tagli drammatici, amplifica la tensione e guida lo sguardo dello spettatore verso il cuore pulsante dell’azione.
Il cast è elemento di primaria importanza in questa produzione, e ogni interprete contribuisce con intensità e partecipazione a restituire il complesso gioco di relazioni e segreti sotteso alla trama. Ettore Bassi, nei panni del sergente Trotter, si distingue per una presenza scenica autorevole, capace di unire rigore e ironia, mentre Claudia Campagnola, come Mollie Ralston, offre una performance che gioca con sapienza tra fragilità e determinazione. Gli altri attori – Dario Merlini, Stefano Annoni, Maria Lauria, Marco Casazza, Matteo Palazzo e Raffaella Anzalone – compongono un quadro corale che ben rende la complessità emotiva dei loro personaggi, ciascuno con le proprie ombre e vulnerabilità.
Gallione dimostra di cogliere appieno la modernità dell’opera di Christie, esplorando, al di là dell’intreccio giallo, le tematiche più profonde che la sottendono: il labile confine tra innocenza e colpevolezza, la solitudine che si fa eco delle nostre paure più recondite, la fragilità dell’essere umano di fronte al sospetto e alla rivelazione. “Trappola per topi” non è solo un intricato gioco di indizi e false piste, è un’indagine sull’animo umano, su quel lato oscuro che ciascuno di noi preferirebbe non svelare. La produzione del Teatro Quirino è un omaggio rispettoso e insieme innovativo a un classico immortale, un’opera che riesce a sorprendere ancora oggi, nonostante i decenni trascorsi dalla sua prima rappresentazione. Lo spettatore viene coinvolto non soltanto nella risoluzione dell’enigma, ma anche in una riflessione più ampia sulle dinamiche del sospetto, sulle maschere che ciascuno indossa e sui segreti che vorrebbe celare. “Trappola per topi” si conferma così un capolavoro senza tempo, capace di affascinare e catturare il pubblico, regalando ancora una volta quell’emozione unica che solo il teatro sa dare.