La mostra “Il Tempo del Futurismo, ospitata dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, rappresenta un ritorno coraggioso e necessario su un movimento che non ha mai smesso di dividere, provocare e ispirare. Non è una semplice retrospettiva, ma un tentativo di riconfigurare il Futurismo come una forza viva, capace di interrogare il nostro presente con la stessa veemenza con cui, oltre un secolo fa, rifiutava il passato.
Questo approccio, che unisce analisi storica e sociologia culturale, colloca l’esposizione in una posizione di dialogo tra l’estetica, la tecnologia e l’evoluzione antropologica, evitando la trappola della celebrazione sterile. La rassegna si distingue da altre celebri mostre dedicate al movimento, come Futurismo & Futurismi curata da Pontus Hultén a Palazzo Grassi nel 1986, o le retrospettive firmate da Enrico Crispolti a Torino e Roma. Le difficoltà logistiche e finanziarie di oggi – come il costo proibitivo dei prestiti internazionali – rendono impossibile riproporre quelle operazioni imponenti, ma la GNAM ha trasformato queste limitazioni in un punto di forza. Attribuendo grande rilievo alle sue straordinarie collezioni e alle connessioni interdisciplinari, la mostra si configura come un atto di resistenza intellettuale contro l’immobilismo. Il cuore pulsante di questa esposizione risiede nella capacità di rimettere il pensiero al centro.
Il Futurismo, prima ancora che arte, è stato una filosofia: un’idea radicale che ha scardinato le certezze della modernità per proiettare il mondo verso un futuro mai visto. Ogni pennellata, ogni scultura, ogni manifestazione artistica non è altro che la concretizzazione di una visione che abbraccia il dinamismo, la velocità, il progresso. La mostra sottolinea come l’arte futurista sia il veicolo di una rivoluzione mentale e culturale, in cui la tecnologia e l’innovazione scientifica diventano protagonisti tanto quanto gli artisti stessi. In questo contesto, l’esposizione non si limita a un percorso cronologico. Attraverso le sue 26 sale e le circa 400 opere esposte, tra dipinti, sculture e oggetti, invita il visitatore a immergersi in un’esperienza totale. Eppure, la densità del materiale esposto non è priva di rischi: l’abbondanza di capolavori, talvolta affastellati, e il percorso obbligato possono generare una certa dispersione visiva. Tuttavia, questa sovrabbondanza, quasi caotica, sembra in linea con lo spirito del Futurismo stesso, un movimento che non ha mai cercato di essere rassicurante o ordinato.
Tra i momenti più significativi della mostra emerge il dialogo tra Il Sole di Giuseppe Pellizza da Volpedo e Lampada ad arco di Giacomo Balla. Questo accostamento, tra il simbolo di un’Italia rurale e quello di un paese proiettato verso l’industrializzazione, incarna il cambiamento epocale che i futuristi hanno esaltato con entusiasmo quasi fanatico. L’elettrificazione, definita da Boccioni come “Modernolatria”, non è solo un tema visivo, ma una rivoluzione sensoriale e concettuale che permea gran parte della produzione futurista. Accanto ai dipinti, la mostra integra una selezione di oggetti e strumenti tecnologici che testimoniano l’evoluzione del pensiero e della percezione umana. La Fiat Record Chiribiri del 1913, la Maserati di Tazio Nuvolari e l’idrovolante Macchi Castoldi Mc 72 rappresentano la celebrazione futurista della velocità, della potenza e del dinamismo. Questi oggetti, che un tempo erano simboli del progresso tecnologico, dialogano con opere come le Velocità d’automobile di Balla, rivelando la straordinaria capacità dei futuristi di trasformare l’innovazione tecnica in mito estetico.
La mostra approfondisce anche l’impatto delle nuove scoperte scientifiche sull’immaginario futurista. Dall’elettricità alle onde radio, dal cinema alla teoria della relatività di Einstein, il Futurismo non ha solo osservato i cambiamenti del mondo, ma li ha assorbiti, anticipandone le implicazioni culturali. In questo senso, gli aeroplani e le motociclette non sono semplici strumenti, ma estensioni dell’idea di un mondo senza confini, in cui la velocità diventa una nuova dimensione esistenziale. L’aeropittura, a lungo sottovalutata, trova qui una rivalutazione che la collega alle odierne visioni satellitari e ai droni, mostrando come la prospettiva verticale immaginata dai futuristi sia diventata parte integrante della nostra quotidianità. L’esposizione dedica particolare attenzione ai fondatori del movimento – Balla, Boccioni, Carrà, Russolo e Severini – ma non trascura figure come Fortunato Depero ed Enrico Prampolini, la cui importanza cresce sempre più grazie a recenti studi. Le sezioni tematiche, che spaziano dal dinamismo plastico all’aeropittura, dall’arte meccanica al cinema futurista, sono arricchite da manifesti, libri e film che offrono un’immersione totale nel pensiero e nella pratica del Futurismo. Eppure, questa non è solo un’operazione estetica.
Al di là delle polemiche, delle inevitabili critiche e degli scandali che da sempre accompagnano il Futurismo, “Il Tempo del Futurismo” si impone come un atto di coraggio. Riportare il Futurismo sotto i riflettori significa confrontarsi con le sue contraddizioni, le sue tensioni irrisolte e il suo potenziale provocatorio. Non è un omaggio elegante e pacificato, ma un campo di battaglia intellettuale che invita a riflettere sul ruolo dell’arte nella società contemporanea. Come scriveva Marinetti: “Bisogna distruggere la sintassi! Bisogna mettere il sostantivo in libertà!” Questa mostra sembra seguire lo stesso principio, abbandonando la rigidità dei canoni museali per offrire un’esperienza che sfida le convenzioni e mette in discussione la nostra percezione del Futurismo.
“Il Tempo del Futurismo” non è solo una mostra, ma un manifesto. È un richiamo a guardare oltre, a considerare l’arte come un veicolo per immaginare il futuro, un futuro che non è mai lineare, ma sempre in movimento. In un’epoca di incertezze, questa esposizione ci ricorda che il cambiamento, anche quando è tumultuoso, è il motore della creatività e del progresso. Un messaggio che, oggi più che mai, vale la pena ascoltare.
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