Con Mi abbatto e sono felice, al Teatro Spazio Diamante di Roma, Daniele Ronco porta in scena un monologo potente e ironico che invita a ripensare i valori del consumismo, trasformando il teatro in uno spazio di riflessione e azione per un futuro sostenibile.
I segnali sulla necessità di rivedere il parametro della crescita su cui si fondano le società industriali continuano a moltiplicarsi: l’avvicinarsi dell’esaurimento delle fonti fossili e le guerre per averne il controllo, i mutamenti climatici, lo scioglimento dei ghiacciai, l’aumento dei rifiuti, le devastazioni e l’inquinamento ambientale. Eppure gli economisti e i politici, gli industriali e i sindacalisti con l’ausilio dei mass media continuano a porre nella crescita del prodotto interno lordo il senso stesso dell’attività produttiva. In un mondo finito, con risorse finite e con capacità di carico limitate, una crescita infinita è impossibile, anche se le innovazioni tecnologiche venissero indirizzate a ridurre l’impatto ambientale, il consumo di risorse e la produzione di rifiuti. Queste misure sarebbero travolte dalla crescita della produzione e dei consumi in paesi come la Cina, l’India e il Brasile, dove vive circa la metà della popolazione mondiale. Né si può pensare che si possano mantenere le attuali disparità tra il 20 per cento dell’umanità che consuma l’80 per cento delle risorse e l’80 per cento che deve accontentarsi del 20 per cento. Forse è arrivato il momento di smontare il mito della crescita, di definire nuovi parametri per le attività economiche e produttive, di elaborare un’altra cultura, un altro sapere e un altro saper fare, di sperimentare modi diversi di rapportarsi col mondo, con gli altri e con se stessi.
Il Movimento per la Decrescita Felice si propone di mettere in rete le esperienze di persone e gruppi che hanno deciso di vivere meglio consumando meno; di incoraggiare rapporti interpersonali fondati sul dono e la reciprocità anziché sulla competizione e la concorrenza; di utilizzare e favorire la diffusione delle tecnologie che riducono l’impronta ecologica, gli sprechi energetici e la produzione di rifiuti; di impegnarsi politicamente affinché questi obiettivi siano perseguiti anche dalle pubbliche amministrazioni, dallo Stato e dagli organismi internazionali. A tal fine è necessario elaborare un paradigma culturale alternativo al sistema dei valori fondato sull’ossessione della crescita economica illimitata che caratterizza il modo di produzione industriale. Dall’attuale concezione di un «fare finalizzato a fare sempre di più», il lavoro dovrà tornare a essere un «fare bene» finalizzato a rendere il mondo più bello e ospitale per tutti i viventi.
Di questa elaborazione, resa drammaticamente urgente dalla necessità di impedire che l’effetto serra esca fuori controllo, il teatro di Daniele Ronco si fa portavoce attraverso lo spettacolo Mi abbatto e sono felice. Andato in scena al Teatro Spazio Diamante di Roma, Mi abbatto e sono felice è un’esperienza teatrale che va oltre la semplice rappresentazione, incarnando concretamente i principi della Decrescita Felice. La scena è spoglia, senza artifici, popolata unicamente da un’essenziale bicicletta e da abiti che sembrano appartenere a un tempo passato, recuperati dal guardaroba del nonno Michele, protagonista evocato e ispiratore dello spettacolo. La scelta minimalista non si limita agli oggetti di scena, ma investe anche i temi e i messaggi: un richiamo deciso alla sobrietà e alla sostenibilità. Daniele ci guida, pedalata dopo pedalata, attraverso un viaggio ironico e pungente tra tre archetipi sociali che incarnano stili di vita e valori opposti: nonno Michele, contadino piemontese e simbolo della decrescita felice, che vive con sobrietà e buon senso lontano dalle logiche del consumismo; Claudio Gimondi, il vicino di casa, espressione del benessere capitalista, divorato da stress e insoddisfazione nonostante i lussi e la modernità; e Mimmo, l’italiano medio, incarnazione della leggerezza disimpegnata, che si esaurisce tra bar, fede calcistica e PILu. Il monologo è un’esplosione di riflessioni, dati scientifici e provocazioni che si intrecciano con la narrazione autobiografica e l’eredità morale lasciata dal nonno di Daniele.
Lo spettacolo affronta con intelligenza e ironia temi come l’inquinamento, il surriscaldamento globale, la povertà, la crisi climatica e le disparità economiche. L’adesione ai principi del Movimento per la Decrescita Felice non è solo dichiarata, ma permea ogni aspetto della messa in scena. La regia di Marco Cavicchioli esalta questa coerenza narrativa e scenografica, alternando appunto toni di leggerezza a momenti di profonda intensità. Il ritmo è calibrato per mantenere alta l’attenzione del pubblico, con cambi di luce — generati dallo stesso attore — che sottolineano i passaggi più significativi del racconto.
Ronco, con la sua interpretazione, si mette a nudo, trasmettendo autenticità e coinvolgendo gli spettatori in un dialogo che va oltre il palco. Il suo messaggio non è un semplice invito alla riflessione, ma un vero e proprio appello all’azione. “Un attore non deve mentire, innanzitutto a sé stesso“, dichiara Ronco, e questa sincerità emerge in ogni istante della sua performance. Attraverso l’ironia, la denuncia e l’emozione, Mi abbatto e sono felice riesce a trattare temi complessi senza mai risultare didascalico. Il monologo si configura come una denuncia sociale, ma anche come un’opportunità per il pubblico di fermarsi, di dilatare il tempo e di riscoprire il valore della semplicità. In un mondo che sembra correre verso il collasso, spettacoli come questo sono un faro di speranza, un invito a ripensare il nostro rapporto con il pianeta e con gli altri. Mi abbatto e sono felice non è solo teatro: è un manifesto per un futuro più sostenibile, un esempio concreto di come il fare possa tornare a essere un «fare bene», capace di rendere il mondo più bello e ospitale per tutti i viventi. Photocredit @Nicola Dodi @C. Bonifazio