Ogni tanto, il teatro sa sorprendere non tanto per la perfezione della sua messa in scena, ma per la capacità di penetrare in quei luoghi oscuri dell’animo umano che spesso preferiamo ignorare. “Parenti Terribili” di Filippo Dini è una di queste rare sorprese, un viaggio emotivo che si muove tra il grottesco e il sublime con un equilibrio che disarma. Non si tratta solo di rappresentare un testo: qui il teatro diventa un corpo vivo, pulsante, che respira insieme agli attori e al pubblico.
Fin dalle prime battute, il mondo familiare creato da Jean Cocteau si mostra per quello che è: un labirinto di passioni e rancori, dove ogni personaggio è al tempo stesso carnefice e vittima. Yvonne, interpretata da una straordinaria Mariangela Granelli, è il cuore pulsante di questo dramma. Madre fagocitante e ossessiva, trasforma il suo letto in un altare di nevrosi e amore malato, incarnando con inquietante precisione l’ambivalenza della figura materna.
Georges, il marito fallito e sognatore, è affidato alla sensibilità interpretativa di Filippo Dini, che lo dipinge come un uomo in bilico tra il ridicolo e il tragico. E proprio Dini, nella doppia veste di regista e interprete, orchestra l’intera messa in scena come un direttore d’orchestra che non sbaglia una nota. Ogni dettaglio – dai silenzi che pesano come macigni ai dialoghi che tagliano come lame – è calibrato con precisione chirurgica.
Il cast brilla per coesione e talento. Milvia Marigliano, nei panni di Léonie, offre una prova di straordinaria finezza: il suo personaggio, zia nubile e razionale, è il contraltare perfetto alle esuberanze emotive degli altri. Cosimo Grilli, nei panni di Michel, restituisce con intensità il ritratto di un giovane intrappolato in una rete di aspettative e insicurezze.
E poi ci sono i dettagli che trasformano una buona produzione in un capolavoro: i costumi di Katrina Vukcevic, che raccontano i personaggi prima ancora che aprano bocca; le luci di Pasquale Mari, che scolpiscono le emozioni sul palco con giochi di ombre e riflessi; le musiche di Massimo Cordovani, un sottile filo sonoro che accompagna il pubblico in un viaggio emotivo senza mai sovrastarlo.
Il finale, con Yvonne avvolta in un abito bianco che sembra carico di simbolismi, è un momento di straordinaria potenza visiva ed emotiva. Michel, in preda a un delirio che è al tempo stesso individuale e universale, abbraccia la madre in un gesto che condensa tutta la tragedia della loro relazione.
In “Parenti Terribili”, Filippo Dini dimostra che il teatro può ancora essere un luogo di verità, un’esperienza capace di scuotere e trasformare. Il pubblico, rapito da questa opera viva e pulsante, applaude non solo uno spettacolo, ma un momento di autentica catarsi. E quando le luci si riaccendono, ci si rende conto che quello che si è visto sul palco non è solo una storia: è la vita stessa, con tutte le sue contraddizioni e il suo inafferrabile mistero.
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