Dal 21 settembre, Palazzo Albergati ha aperto le porte alla prima grande mostra antologica a Bologna dedicata a uno degli artisti più straordinari e commoventi del Novecento: Antonio Ligabue.Il legame tra Arthemisia e Antonio Ligabue ha origini profonde, risalenti al 2017, anno in cui si tenne una grande esposizione al Complesso del Vittoriano di Roma. Da allora, altre mostre di successo a Conversano e Trieste hanno contribuito a far conoscere l’opera di questo artista visionario, oggi tra i più ricercati nel panorama nazionale. Il percorso espositivo di Bologna, composto da oltre 100 opere tra oli, disegni e sculture, rappresenta un’occasione unica per immergersi nella vita di un autodidatta geniale, la cui esistenza tormentata si riflette con immediatezza e intensità nei suoi lavori. Attraverso le sue tele, si percepisce la visceralità del suo rapporto con il mondo naturale e animale, espressione di un’anima libera, lontana dai giudizi convenzionali.
Ligabue visse un’esistenza tormentata, escluso e incompreso dai suoi contemporanei, ma in grado di lasciare un segno profondo grazie a una forza espressiva ineguagliabile. Le sue rappresentazioni, soprattutto animali, vibrano di una potenza primordiale, trasmettendo emozioni che colpiscono ancora oggi lo spettatore. Nonostante sia stato per lungo tempo etichettato semplicisticamente come un pittore naïf, riducendo il suo valore artistico, l’opera di Ligabue ha saputo, negli ultimi decenni, emergere dall’ombra per rivelare tutta la sua straordinaria complessità.
La mostra racconta non solo l’artista, ma anche l’uomo, esplorando il legame inscindibile tra la sua tormentata esistenza e la sua espressione artistica. Seguendo un ordinamento cronologico, l’esposizione si dipana attraverso tre principali periodi della sua produzione. Il primo, che copre gli anni dal 1927 al 1939, è caratterizzato da colori più tenui e diluiti, mentre i soggetti, legati alla vita rurale, riflettono un equilibrio tra animali feroci e scene pacifiche. Il secondo periodo (1939-1952) vede l’introduzione di una materia pittorica più densa e corposa, con una rappresentazione sempre più analitica e vigorosa. Il terzo, tra il 1952 e il 1962, coincide con il momento più prolifico dell’artista, quando le sue pennellate diventano energiche e decisive, dando vita a una produzione intensa di autoritratti. Tra le oltre 100 opere esposte spiccano alcuni capolavori inediti, come Lince nella foresta (1957-1958), venti disegni a matita su carta (1961-1962), e diverse opere raramente esposte come Circo all’aperto (1955-1956) e Castelli svizzeri (1958-1959). Inoltre, un momento saliente della mostra è rappresentato dalla proiezione di uno stralcio del film “Volevo nascondermi” di Giorgio Diritti, in cui Elio Germano offre una toccante interpretazione di Ligabue. Per la prima volta, viene esposto un album di disegni che Ligabue realizzò negli ultimi anni della sua vita, durante il soggiorno alla locanda “La Croce Bianca”, gestita dalla famiglia della sua musa platonica, Cesarina. Questo prezioso documento, perduto per molti anni e recentemente ritrovato, offre uno sguardo intimo sull’artista nei suoi ultimi giorni. A questo si affianca l’esposizione di alcune “fiere” custodite presso il Museo Lazzaro Spallanzani di Reggio Emilia, animali che Ligabue osservava con passione durante le sue visite al museo, catturandone con estrema precisione l’essenza sulle sue tele. Un’altra curiosità della mostra è la presenza di un album di figurine Liebig del 1954, ritrovato di recente, da cui Ligabue traeva ispirazione per la rappresentazione di animali.
Questi dettagli arricchiscono ulteriormente la comprensione di un uomo e di un artista che, attraverso il suo universo creativo, ha saputo trasformare la sua sofferenza in bellezza pittorica. Organizzata da Arthemisia in collaborazione con il Comune di Gualtieri e la Fondazione Museo Antonio Ligabue, e patrocinata dal Comune di Bologna, la mostra è curata da Francesco Negri e Francesca Villanti. Il catalogo, edito da Moebius, include contributi originali, come un saggio di Giorgio Diritti e un’analisi di Francesca Romana Morelli sul rapporto tra Ligabue e il suo mentore, Renato Marino Mazzacurati.
La vita di Antonio Ligabue è altrettanto affascinante quanto la sua arte. Nato a Zurigo nel 1899, da madre bellunese e padre ignoto, venne adottato da una famiglia svizzera. Sin dalla giovane età manifestò problemi psichiatrici, che lo portarono a un primo internamento nel 1913 e a successivi ricoveri. Espulso dalla Svizzera nel 1919, venne inviato a Gualtieri, dove visse una vita di isolamento, dipingendo per esprimere il suo disagio esistenziale. Il suo incontro con Renato Marino Mazzacurati fu decisivo, aiutandolo a sviluppare il suo talento pittorico.
La mostra di Palazzo Albergati offre l’opportunità di riscoprire Ligabue in tutta la sua complessità. Con un’esposizione che tocca il cuore e la mente, invita il pubblico a esplorare non solo l’opera di un artista, ma anche la vita di un uomo che ha saputo trasformare il dolore in arte, e che oggi è riconosciuto come uno dei grandi maestri dell’espressione artistica del XX secolo.
- animali selvatici
- Antonio Ligabue
- arte italiana
- arte naïf
- Arthemisia
- autoritratti Ligabue
- Davide Oliviero
- disegni inediti
- Elio Germano
- fiere Ligabue
- Giorgio Diritti
- Gualtieri
- mostra antologica
- mostra Bologna
- opere inedite
- Palazzo Albergati
- pittura espressionista
- pittura italiana del Novecento
- psicosi maniaco-depressiva
- Renato Marino Mazzacurati