Omaggio a Carlo Levi L’amicizia con Piero Martina e i sentieri del collezionismo Galleria d'Arte Moderna
Home ARTE Carlo Levi e Piero Martina: due coscienze visive nell’Italia del secolo breve
ARTEEVENTIHOMENEWS

Carlo Levi e Piero Martina: due coscienze visive nell’Italia del secolo breve

Share
Share

La mostra alla Galleria d’Arte Moderna di Roma racconta la vicenda artistica e umana di Carlo Levi e Piero Martina, tra collezionismo, resistenza culturale e la centralità di Roma come luogo d’impegno.

L’arte moderna, scriveva Argan, non è tanto il riflesso di un’epoca quanto la sua struttura simbolica: è forma del tempo che l’ha prodotta, e come tale va studiata nella sua intenzione più che nel suo stile. La mostra “Omaggio a Carlo Levi. L’amicizia con Piero Martina e i sentieri del collezionismo”, in corso alla Galleria d’Arte Moderna di Roma fino al 14 settembre 2025, si fonda proprio su questo principio: non una ricostruzione lineare, ma una lettura analitica delle condizioni formali e storiche che hanno reso significativa la pittura dei due protagonisti.

Promossa dalla Fondazione Carlo Levi, dall’Archivio Piero Martina e con il prezioso apporto della Collezione Angelina De Lipsis Spallone, l’esposizione riunisce oltre sessanta opere – in gran parte inedite – per restituire non solo l’intreccio di due biografie artistiche, ma l’affiorare di una coscienza visiva condivisa, cresciuta fra dissenso, marginalità e visione etica della realtà.

Levi, noto al grande pubblico come autore di Cristo si è fermato a Eboli, fu innanzitutto pittore. La sua opera plastica precede, accompagna e a tratti supera quella letteraria, e proprio dalla pittura occorre partire per comprendere il sodalizio con Martina, torinese come lui, giovane e ancora incerto quando Levi lo sostiene e lo introduce nel panorama artistico degli anni Trenta.

Il percorso espositivo si articola in quattro sezioni. La prima, intitolata La formazione. L’ambiente intellettuale torinese, offre uno spaccato della cultura figurativa subalpina tra le due guerre. Nei dipinti di Levi si leggono i residui del realismo magico e l’influenza dei “Sei di Torino”, di cui fu membro: ritratti femminili, scene domestiche e paesaggi urbani si configurano come luoghi mentali, illuminati da una luce densa e malinconica. Martina, per contro, si presenta già come artista dell’allusione, con superfici diafane che sottraggono più che mostrare.

La seconda sezione, Da Torino a Roma, corrisponde a una frattura biografica e storica. È il tempo della guerra, dell’esilio, della clandestinità. Levi è confinato in Lucania, perseguitato come ebreo e intellettuale antifascista; Martina perde la casa nei bombardamenti. I ritratti reciproci del 1942 – capolavori della mostra – testimoniano questa distanza vissuta come fratellanza. Levi abbandona la trasparenza per impasti solidi, tondeggianti, drammatici; Martina incupisce il colore, stabilizza la forma, interiorizza la perdita.

Segue La stagione dell’impegno civile. Roma diventa punto di convergenza. Levi vi si stabilisce dal 1945, Martina lo raggiunge negli anni Cinquanta. Entrambi frequentano i circoli più vivi della capitale: artisti, scrittori, critici. Le opere di Levi si concentrano sul Meridione, divenuto emblema di una modernità negata: i suoi contadini, le sue “contadine rivoluzionarie”, i bambini seminudi dipinti nel dopoguerra non sono folklorici, ma simbolici, non sono l’altro da sé, ma l’inconscio della nazione. Martina, con minore enfasi ma uguale rigore, raffigura il lavoro, l’interno borghese, la città industriale: mai ideologia, sempre composizione.

L’ultima sezione, Il nudo e il paesaggio, chiude il ciclo con una meditazione sulla forma. I nudi di Martina, ridotti a ombre leggere, sembrano dissolversi nel paesaggio, mentre i paesaggi di Levi – come gli “Alberi” del 1964 – sono veri protagonisti, carichi di tensione e corporeità. Nessuno dei due cede al decorativo: entrambi scelgono la via difficile del classico, inteso non come stilema, ma come ordine morale.

Un ruolo centrale lo gioca l’allestimento, sobrio e funzionale, che evita ogni didascalismo e permette alle opere di stabilire un dialogo autonomo. L’illuminazione non invade, ma accompagna, modulando la materia pittorica e restituendo il ritmo delle stagioni espressive. Un esempio felice di museografia intelligente, dove la regia curatoriale si fa invisibile per lasciare spazio all’opera.

Il contributo della collezione De Lipsis Spallone merita una menzione a parte. I diciannove dipinti inediti di Levi – provenienti dalla raccolta privata della collezionista, amica di Linuccia Saba, compagna del pittore – rappresentano un arco cronologico completo, dagli esordi torinesi alle vedute liguri del ciclo di Alassio. In ognuno di essi, più che un’illustrazione di eventi, emerge la visione plastica del tempo: lenta, sedimentata, irriducibile all’aneddoto.

Il catalogo (Silvana Editoriale) si distingue per equilibrio critico e rigore documentario. I saggi di Daniela Fonti, Antonella Lavorgna e Antonella Martina articolano un’analisi precisa, centrata sullo statuto dell’immagine come espressione dell’intelligenza storica. Una bibliografia selezionata e un apparato iconografico coerente completano l’opera.

In definitiva, questa mostra non celebra Levi e Martina: li interpreta. Non si propone di rilanciarli, ma di comprenderli nel loro doppio movimento: l’impegno e la solitudine, la visione e la distanza, la materia e la memoria. In tempi di revisionismo estetico e di semplificazioni narrative, Omaggio a Carlo Levi ricorda che la pittura, quando è vera, non è mai rassicurante. E che le amicizie intellettuali sono anch’esse una forma d’arte.

Share
Scritto da
Davide Oliviero -

Laureato in discipline umanistiche presso l'Università di Bologna sotto la guida del Professor Umberto Eco, ha avviato la sua carriera nell'archeologia classica, concentrandosi sulla drammaturgia greco-romana. Il suo interesse per il design lo ha spinto a seguire un corso triennale in design d’interni, continuando nel contempo a lavorare nel campo archeologico. Col tempo, ha sviluppato una passione per la scrittura e la musica classica, che lo ha portato a recensire opere liriche per 14 anni in teatri prestigiosi come il Teatro alla Scala, il Covent Garden e l’Opéra di Parigi. Ha inoltre curato contenuti culturali e musicali per diverse pubblicazioni. Negli ultimi anni ha scritto per la rubrica In Arte, trattando di mostre, teatro e arti letterarie a Roma, collaborando con istituzioni come le Scuderie del Quirinale e i Musei Vaticani. Ha recensito spettacoli teatrali, con particolare attenzione al musical e alla prosa, ed è accreditato presso i principali teatri italiani. La sua competenza lo ha reso un ospite frequente in programmi televisivi culturali, oltre a ricoprire il ruolo di giudice permanente per il Premio Letterario Andrea Camilleri. Attraverso i social media, promuove l’arte e la bellezza, fondendo abilmente leggerezza e profondità, rendendo questi temi accessibili a un vasto pubblico.

Related Articles
Achille Lauro incanta Piazza di Spagna con un concerto-evento inaspettato
HOMEMUSICANEWS

Achille Lauro incanta Piazza di Spagna con un concerto-evento inaspettato

ROMA – Ieri sera Achille Lauro ha trasformato le scalinate di Trinità...

ARTEEVENTIHOMENEWS

“Dall’alto, la Terra: una lettura orbitale della nostra casa”

All’Orto Botanico di Roma, fino al 31 maggio 2025, la mostra “Segnali...

ARTEEVENTIHOMENEWS

Shinhanga. Bellezza in declino, memoria in stampa

Ai Musei di San Salvatore in Lauro, fino al 15 giugno, una...

ARTEEVENTIHOMENEWS

Mario Vargas Llosa, Premio Nobel per la Letteratura. Addio a un gigante delle lettere mondiali

Con la morte di Mario Vargas Llosa si spegne non soltanto un...