Diva Futura: Il Fenomeno che Sconvolse l’Italia dei Tabù
Un viaggio tra scandali, politica e desiderio, alla scoperta della casa di produzione che trasformò il sesso in spettacolo, cambiando per sempre la cultura di massa di un’Italia cattolica e conservatrice.
Negli anni Ottanta e Novanta, l’Italia era un terreno di contrasti profondi, dove la tradizione cattolica conviveva con un crescente desiderio di modernità e libertà individuale. Questo dualismo si manifestava nella quotidianità di una società che, pur intrisa di moralismo e repressione sessuale, iniziava a subire il fascino del proibito, spinta da una curiosità latente e da un bisogno di emancipazione culturale. In questo contesto, Diva Futura non fu solo una casa di produzione cinematografica, ma un autentico catalizzatore di scandali e dibattiti che misero in crisi l’intero sistema di valori dell’Italia di allora.
La cultura italiana del periodo era dominata da una Chiesa cattolica che esercitava una significativa influenza sulla sfera pubblica e privata. La sessualità, soprattutto se rappresentata in modo esplicito, era relegata all’invisibilità o al segreto. La comparsa di Diva Futura sotto la guida di Riccardo Schicchi sconvolse queste fondamenta. Schicchi non solo portò l’erotismo fuori dall’ombra, ma lo trasformò in un fenomeno di massa, rompendo i confini tra spettacolo e politica, tra pubblico e privato, tra decenza e trasgressione.
Il sesso divenne improvvisamente oggetto di conversazione nazionale, veicolato da volti noti come Ilona Staller, alias Cicciolina, e Moana Pozzi, che con il loro stile provocatorio e senza vergogna catalizzarono un’attenzione mediatica senza precedenti. La figura di Cicciolina, in particolare, con i suoi atteggiamenti disinvolti e le sue performance iconoclaste, fece breccia nel cuore di un’Italia divisa tra il disgusto e la curiosità, tra la condanna morale e il desiderio di vedere oltre il velo delle ipocrisie sociali. La sua elezione al Parlamento nel 1987 rappresentò il culmine di un paradosso culturale: una nazione cattolica che, da un lato, continuava a predicare la castità e, dall’altro, celebrava una “pornostar” come simbolo di libertà e sfida alle convenzioni.
Moana Pozzi, dall’altro lato, incarnava un modello diverso di trasgressione: più sofisticato, ambiguo, capace di muoversi tra i due mondi del porno e del mainstream con un’intelligenza che sfidava i pregiudizi. Nonostante fosse spesso criticata e censurata dai media tradizionali, la sua figura diventò oggetto di un culto quasi popolare, simbolo di una generazione che cercava di ridefinire i propri confini morali e di esplorare nuove forme di piacere e libertà. Gli spettacoli dal vivo di queste attrici, spesso percepiti come atti scandalosi, divennero eventi di culto che sfidarono apertamente il concetto tradizionale di sessualità imposto dalla società italiana.
La tensione tra repressione e desiderio si manifestò attraverso un voyerismo di massa che caratterizzò l’Italia di quegli anni. Gli spettacoli e i film di Diva Futura non solo erano consumati in privato, ma diventavano argomenti di discussione pubblica, amplificando la loro portata e alimentando una curiosità che, fino a quel momento, era rimasta sepolta sotto il peso delle convenzioni. Le televisioni private e i videoregistratori VHS divennero strumenti di diffusione di un nuovo immaginario erotico, portando il porno fuori dai circuiti clandestini e facendolo entrare nel quotidiano delle famiglie italiane.
Il film “Diva Futura“, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia e diretto da Giulia Louise Steigerwalt, si inserisce in questo contesto storico per esplorare il fenomeno da una prospettiva più ampia e critica. Attraverso lo sguardo di Debora, una giovane segretaria dell’agenzia con un mutuo sulle spalle, il film racconta la parabola tragica di una comunità che, pur battendosi per la libertà di espressione, finì per normalizzare una mercificazione del corpo femminile che andava contro le stesse libertà per cui combatteva. La storia di Diva Futura diventa così il ritratto di un’epoca di contraddizioni, in cui la ricerca di emancipazione sessuale sfociò in una nuova forma di spettacolarizzazione e commercio del desiderio.
La regista Steigerwalt descrive il suo lavoro come un ritratto imparziale, che mette a nudo le complessità e le ambiguità di un periodo storico unico. La pellicola esplora le dinamiche interne di questa “grande famiglia” del porno italiano, svelando non solo le storie di successo, ma anche le tensioni, le gelosie e i conflitti che finirono per rendere questa rivoluzione fuori controllo. Alla fine, emerge una grande contraddizione: un gruppo di persone che, mentre cercava di infrangere i tabù e combattere per la libertà, si ritrovò a consolidare una forma di sfruttamento che limitava le stesse libertà che intendeva difendere.
Il desiderio di rievocare quell’epoca e il fascino scandaloso del porno italiano si riflette anche in “Supersex”, LA serie TV prodotta da Netflix e ispirata alla vita di Rocco Siffredi, una delle figure più iconiche del cinema per adulti italiano. “Supersex” esplora con un approccio drammatico e ironico l’ascesa di Siffredi negli anni d’oro del porno, evocando le atmosfere, le trasgressioni e le sfide culturali di un periodo in cui il sesso era ancora un terreno inesplorato. La serie cerca di riportare alla luce lo spirito dell’epoca di Diva Futura, ricreando quel mix di scandalo, curiosità e libertà che caratterizzava l’Italia di quegli anni, offrendo al pubblico una rappresentazione nostalgica ma critica di un periodo di grande trasformazione.
“Diva Futura” offre così non solo un viaggio nella storia di un’industria, ma anche una riflessione più ampia sul significato di libertà in un contesto culturale che spesso semplifica o stigmatizza fenomeni complessi. Un’occasione per ripensare l’eredità di quegli anni e interrogarsi su come il desiderio di trasgressione e di libertà possa trasformarsi in un’arma a doppio taglio, capace di sovvertire e allo stesso tempo di consolidare le dinamiche di potere esistenti.