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Roma, Palazzo Cipolla:”La Crocifissione bianca” di Marc Chagall. Un faro nella memoria dell’umanità

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L’opera che intreccia il grido delle persecuzioni e la luce della redenzione, custodita nel cuore di Roma.

Roma custodisce i segreti del tempo come un tesoro in un forziere, e tra le sue mura antiche, tra i palazzi imponenti e i vicoli senza tempo, si è aperto uno squarcio di luce. Palazzo Cipolla, con la sua austera eleganza, accoglie ora un frammento di storia che non è solo arte, ma una testimonianza vivente, un simbolo che vibra ancora di dolore e speranza. Qui, la Crocifissione bianca di Marc Chagall è divenuta un punto di incontro tra passato e presente, un dialogo silenzioso ma potente che sfida l’indifferenza e invita alla contemplazione.

Non c’è spazio per l’oblio davanti a quest’opera, che sembra respirare con l’anima di chi vi si avvicina. Esposta tra le mura di un nuovo spazio culturale nel cuore della città, la tela non si limita a raccontare un frammento di storia, ma trascina il visitatore in un’esperienza universale di sofferenza e redenzione. Palazzo Cipolla è ora un rifugio per l’arte che parla al cuore, un luogo dove le voci del passato risuonano tra le stanze illuminate da una luce che è promessa, non illusione.

La Crocifissione bianca, dipinta nel 1938, non è solo un quadro: è una preghiera congelata nel tempo, un grido silenzioso che riecheggia il terrore della Kristallnacht, quella notte di cristalli infranti e cuori spezzati che segnò un punto di non ritorno nella storia dell’umanità. Eppure, nonostante il buio che la circonda, la croce dipinta da Chagall si erge come un faro, un simbolo di resistenza e fede nell’umanità. In quella figura centrale, il Cristo avvolto nel tallit, il tradizionale scialle di preghiera ebraico, emerge una visione che unisce le sofferenze di un popolo con quelle di tutti gli oppressi della terra.

Nel dipinto è raffigurata simbolicamente la distruzione compiuta dai soldati dei pogrom. Si tratta di razzie antisemite, compiute tra il 1881 e il 1921 dai soldati dell’esercito russo contro gli ebrei. Anche i comunisti di Stalin portarono avanti una terribile persecuzione contro gli ebrei negli Anni Trenta del Novecento. Infine, al termine della Seconda Guerra Mondiale, altri pogrom vennero condotti contro i sopravvissuti alla Shoah. Ogni dettaglio nella tela sembra racchiudere l’eco di queste atrocità, facendo della crocifissione un simbolo universale di dolore, memoria e resistenza.

Non è un caso che questa straordinaria opera sia stata scelta per inaugurare il nuovo polo museale di Palazzo Cipolla, che insieme a Palazzo Sciarra Colonna forma il Museo del Corso. Questo spazio culturale è destinato a divenire un punto di riferimento per l’arte e la memoria, un luogo dove le tracce del passato si intrecciano con la speranza di un futuro migliore. La Crocifissione bianca non è semplicemente esposta, è custodita come una reliquia preziosa, un testimone di tempi che non devono essere dimenticati.

All’interno della composizione di Chagall, ogni elemento è carico di significato. Il Cristo, con le sue fattezze ebraiche, non è rappresentato come il Salvatore glorioso, ma come un uomo sofferente, solidale con gli ultimi, i perseguitati, i dimenticati. Attorno a lui si agitano figure disperate: profughi che cercano rifugio, un uomo che trascina un sacco colmo dei resti di un mondo infranto, bandiere rosse che evocano il terrore delle SS. In una fragile imbarcazione, un remo solitario tenta di guidare l’umanità verso un approdo sicuro, mentre il raggio di luce che scende dall’alto spezza l’oscurità, offrendo una promessa di redenzione.

La scelta di Chagall di attribuire al Cristo tratti ebraici è audace e rivoluzionaria, soprattutto in un momento storico in cui l’antisemitismo era al culmine. Con questa rappresentazione, l’artista afferma una visione inclusiva e universale del dolore e della salvezza, una visione che trascende i confini religiosi e culturali per abbracciare l’umanità intera. La tela diventa così un ponte tra culture, un invito al dialogo e alla comprensione reciproca.

“L’apertura del nuovo polo museale della Fondazione Roma rappresenta un apporto fondamentale per le attività culturali della città e dell’intero Paese,” ha dichiarato S.E. Mons. Salvatore Fisichella durante l’inaugurazione. Questo evento segna l’inizio di un dialogo tra passato e presente, tra memoria e innovazione, tra arte e spiritualità. Il Museo del Corso non è solo uno spazio espositivo, ma un crocevia di storie, un luogo dove il tempo sembra sospeso e ogni angolo racconta un frammento di vita.

Oltre alla tela di Chagall, il nuovo Museo del Corso ospita una collezione permanente che è un vero scrigno di tesori artistici. Da Pompeo Batoni a Pietro da Cortona, da Caspar van Wittel a Giacomo Balla e Lucio Fontana, le opere esposte raccontano una storia che si intreccia con quella della città e dei suoi abitanti. L’Archivio storico della Fondazione Roma, aperto per la prima volta al pubblico, svela documenti preziosi del Sacro Monte della Pietà e della Cassa di Risparmio di Roma, offrendo uno sguardo su un passato che continua a vivere nel presente.

Mentre la Crocifissione bianca sarà visibile fino al 27 gennaio, il programma di esposizioni temporanee promette di portare a Roma altre voci straordinarie. Dopo Chagall, Pablo Picasso e Salvador Dalí continueranno a raccontare storie attraverso la loro arte, arricchendo il dialogo iniziato con questa inaugurazione.

La grandezza della Crocifissione bianca non risiede solo nella maestria tecnica di Chagall, ma nella sua capacità di toccare corde profonde, di evocare emozioni che travalicano il tempo e lo spazio. Questa tela ci sfida, ci interroga, ci invita a riflettere su ciò che significa essere umani in un mondo spesso segnato dalla crudeltà e dall’indifferenza. E mentre ci perdiamo nei suoi dettagli, nelle sue luci e ombre, ci rendiamo conto che l’arte non è mai solo un fatto estetico: è un atto di resistenza, un baluardo contro l’oblio, una luce che continua a brillare anche nei momenti più bui.

In fondo, Chagall non ci offre risposte definitive, ma ci lascia con domande aperte, domande che continuano a risuonare nel nostro animo molto tempo dopo aver lasciato la sala. Perché l’arte, come questa straordinaria tela, non è mai un punto d’arrivo, ma un inizio, un invito a guardare il mondo con occhi nuovi. E così, mentre il raggio di luce della Crocifissione bianca squarcia l’oscurità, noi possiamo solo sperare di portare con noi un frammento di quella luce, per illuminare il nostro cammino e quello degli altri.

La Crocifissione bianca è visitabile dal lunedì alla domenica, dalle 10 alle 20. Ultimo ingresso 30 minuti prima della chiusura. Aperture straordinarie: 8, 24, 26 dicembre e 6 gennaio 10-20; 25 dicembre e 1° gennaio 15-20; 31 dicembre: 10-15. L’ingresso è gratuito, un dono per chiunque desideri avvicinarsi alla bellezza e al messaggio che quest’opera straordinaria custodisce.

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Scritto da
Davide Oliviero -

Laureato in discipline umanistiche presso l'Università di Bologna sotto la guida del Professor Umberto Eco, ha avviato la sua carriera nell'archeologia classica, concentrandosi sulla drammaturgia greco-romana. Il suo interesse per il design lo ha spinto a seguire un corso triennale in design d’interni, continuando nel contempo a lavorare nel campo archeologico. Col tempo, ha sviluppato una passione per la scrittura e la musica classica, che lo ha portato a recensire opere liriche per 14 anni in teatri prestigiosi come il Teatro alla Scala, il Covent Garden e l’Opéra di Parigi. Ha inoltre curato contenuti culturali e musicali per diverse pubblicazioni. Negli ultimi anni ha scritto per la rubrica In Arte, trattando di mostre, teatro e arti letterarie a Roma, collaborando con istituzioni come le Scuderie del Quirinale e i Musei Vaticani. Ha recensito spettacoli teatrali, con particolare attenzione al musical e alla prosa, ed è accreditato presso i principali teatri italiani. La sua competenza lo ha reso un ospite frequente in programmi televisivi culturali, oltre a ricoprire il ruolo di giudice permanente per il Premio Letterario Andrea Camilleri. Attraverso i social media, promuove l’arte e la bellezza, fondendo abilmente leggerezza e profondità, rendendo questi temi accessibili a un vasto pubblico.

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