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Milano e la Prima della Scala: Tradizione, Proteste e Applausi in una Notte Iconica

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Nella serata di Sant’Ambrogio, La forza del destino conquista il Piermarini sotto la direzione di Riccardo Chailly, mentre dentro e fuori dal teatro si intrecciano eleganza, tensioni e il fascino eterno di una Milano protagonista.

Nella Milano che brilla di luci natalizie, dove il freddo di dicembre avvolge le strade di una città pulsante, il 7 dicembre non è un giorno qualunque. È una data scolpita nella memoria collettiva, dove la celebrazione di Sant’Ambrogio, patrono della città, si intreccia con un rito che da secoli unisce tradizione e modernità: la Prima del Teatro alla Scala. Un evento che, più di un semplice appuntamento culturale, è l’emblema di un’identità cittadina fatta di arte, bellezza e mondanità. È il momento in cui Milano si veste di eleganza e ogni angolo della città sembra respirare all’unisono con il palcoscenico del Piermarini.

Il Teatro alla Scala, illuminato come un gioiello, è diventato il cuore pulsante di una Milano che celebra non solo l’arte ma se stessa, con il suo passato glorioso e il suo dinamismo contemporaneo. Le carrozze – un tempo trainate da cavalli, oggi sostituite da auto eleganti – si sono susseguite davanti al maestoso ingresso, mentre gli ospiti, avvolti in tessuti preziosi, salivano i gradini come protagonisti di una scenografia vivente. All’interno, il foyer si è trasformato in un salotto esclusivo, dove conversazioni sussurrate e sorrisi affioravano sotto la luce calda dei lampadari di cristallo. È stata una serata che racconta una storia: quella di una città che ha fatto della cultura il suo vessillo e della Prima della Scala il simbolo del suo spirito indomito.

Non è mancato, però, un preludio di tensione. Poche ore prima dell’attesissimo debutto, un gruppo di attivisti del centro sociale “Il Cantiere” ha inscenato un flash mob davanti al Teatro alla Scala, dove già ferveva l’attesa per La forza del destino. Gli attivisti avevano srotolato un tappeto rosso davanti all’ingresso principale del teatro e vi avevano versato sacchi di letame, su cui erano state poste sagome con i volti della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, del premier israeliano Benjamin Netanyahu, del ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e del ministro della Cultura Alessandro Giuli. Un gesto di forte impatto simbolico, che aveva voluto attirare l’attenzione su questioni politiche di rilievo, scegliendo come palcoscenico uno degli eventi più rappresentativi della mondanità e del prestigio italiani.

Le tensioni non si erano limitate all’esterno del teatro. L’ombra dello sciopero che aveva segnato la serata Pucciniana del sabato precedente aleggiava sul Piermarini, evocando il rischio di nuove proteste. Durante quella serata, i musicisti avevano abbandonato la scena pochi minuti prima dell’inizio, costringendo lo spettacolo a proseguire con il solo accompagnamento del pianoforte. Lo sciopero, annunciato da tempo dalle sigle sindacali, puntava il dito contro le difficoltà in cui versa l’arte in città. Un problema che era stato sottolineato anche dal sindaco Giuseppe Sala, il quale aveva dichiarato: “La cultura fa fatica” e aveva proposto di destinare il milione di euro necessario per il concerto di Capodanno in piazza del Duomo a sostegno delle attività culturali.

Nonostante queste ombre, Milano ha mantenuto il suo respiro elettrico, celebrando la stagione lirica con La forza del destino, il monumentale capolavoro di Giuseppe Verdi. Dopo 25 anni di assenza dal cartellone scaligero, questo titanico dramma musicale è tornato sotto la guida di Riccardo Chailly, che ne ha esaltato la complessità drammaturgica con una lettura profondamente stratificata e al contempo vibrante di modernità.

Al suo nono titolo verdiano alla Scala, Chailly ha affrontato una delle partiture più intense del maestro di Busseto, un’opera nata nel 1862 per il pubblico di San Pietroburgo e maturata nella sua versione definitiva nel 1869, quando Verdi aggiunse la celebre Sinfonia, vero manifesto musicale. La partitura, percorsa da temi ricorrenti e da un utilizzo magistrale del leitmotiv, si è dispiegata con una potenza che ha avvolto l’ascoltatore: dagli accenti epici del coro d’apertura, al lirismo struggente dell’aria “Pace, pace mio Dio”, fino alla monumentalità del finale, dove la musica si è abbandonata a un inesorabile crescendo drammatico.

Mentre dentro il teatro si consumava il dramma sublime di La forza del destino, il foyer della Scala si è trasformato in un palcoscenico altrettanto affascinante, popolato da una schiera di ospiti che hanno incarnato il meglio della politica, della cultura, dello spettacolo e del mondo economico. Nel Palco Reale, la senatrice a vita Liliana Segre, simbolo vivente di memoria e resilienza, ha rappresentato con la sua presenza la profonda connessione tra l’arte e i valori civili. Accanto a lei, il sindaco di Milano Giuseppe Sala, affiancato dalla compagna Chiara Bazoli, e il presidente del Senato Ignazio La Russa, accompagnato dalla moglie Laura De Cicco, hanno suggellato l’importanza istituzionale della serata. In assenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, impegnato a Parigi per l’inaugurazione della cattedrale di Notre-Dame, il palco si è trasformato in un microcosmo di rappresentanza politica e culturale, con la vicepresidente della Camera Anna Ascani, il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, il ministro della Cultura Alessandro Giuli con la moglie Valeria Falcioni, e il prefetto di Milano Claudio Sgaraglia.

Non sono mancati i grandi nomi della scena internazionale. Giorgio Armani, con la sua eleganza discreta, ha attratto l’ammirazione generale, mentre Roberto Bolle, epitome della grazia e del talento, ha catturato sguardi e applausi. Accanto a loro, Nicoletta Manni, étoile del Teatro alla Scala, e il marito Timofej Andrijashenko, primo ballerino del corpo di ballo, hanno incarnato un ideale di perfezione artistica. Lo scrittore Alessandro Baricco, figura intellettuale di rara profondità, ha aggiunto una nota di prestigio culturale alla serata, mentre il giornalista Roberto D’Agostino ha animato le conversazioni nel foyer con le sue osservazioni sagaci.

Tra le leggende della lirica, il ritorno dei tenori spagnoli Plácido Domingo e José Carreras, insieme alla presenza della soprano Raina Kabaivanska, ha aggiunto un’aura di storia e leggenda alla serata. La lista degli ospiti si è arricchita ulteriormente con l’ex premier Mario Monti, l’ex vicepresidente della Commissione europea Josep Borrell, e una schiera di rappresentanti del mondo delle imprese, tra cui Gian Maria Gros-Pietro, Emma Marcegaglia, Diana Bracco, e Veronica Squinzi, che hanno portato un tocco di autorevolezza e visione imprenditoriale.

Fuori dal teatro, la Prima Diffusa ha trasformato Milano in un’estensione della Scala, regalando alla città un senso di comunità e appartenenza che solo l’arte sa evocare. Le luci natalizie, i mercatini e l’atmosfera vibrante di Sant’Ambrogio hanno fatto da cornice a un evento che ha celebrato non solo l’arte, ma l’identità stessa di Milano.

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Scritto da
Davide Oliviero -

Laureato in discipline umanistiche presso l'Università di Bologna sotto la guida del Professor Umberto Eco, ha avviato la sua carriera nell'archeologia classica, concentrandosi sulla drammaturgia greco-romana. Il suo interesse per il design lo ha spinto a seguire un corso triennale in design d’interni, continuando nel contempo a lavorare nel campo archeologico. Col tempo, ha sviluppato una passione per la scrittura e la musica classica, che lo ha portato a recensire opere liriche per 14 anni in teatri prestigiosi come il Teatro alla Scala, il Covent Garden e l’Opéra di Parigi. Ha inoltre curato contenuti culturali e musicali per diverse pubblicazioni. Negli ultimi anni ha scritto per la rubrica In Arte, trattando di mostre, teatro e arti letterarie a Roma, collaborando con istituzioni come le Scuderie del Quirinale e i Musei Vaticani. Ha recensito spettacoli teatrali, con particolare attenzione al musical e alla prosa, ed è accreditato presso i principali teatri italiani. La sua competenza lo ha reso un ospite frequente in programmi televisivi culturali, oltre a ricoprire il ruolo di giudice permanente per il Premio Letterario Andrea Camilleri. Attraverso i social media, promuove l’arte e la bellezza, fondendo abilmente leggerezza e profondità, rendendo questi temi accessibili a un vasto pubblico.

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