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“Miró incontra Maria Lai. Il fascino della sorpresa”

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Ulassai, dal 12 aprile al 29 giugno 2025

Nel cuore dell’Ogliastra, tra la roccia e il vento, tra il silenzio delle montagne e la voce antica dei telai, si compie un incontro tanto poetico quanto imprevisto: Joan Miró e Maria Lai si parlano, si sfiorano, si rispecchiano. La mostra “Miró incontra Maria Lai. Il fascino della sorpresa”, a cura di Lola Durán Úcar e Marco Peri, si snoda tra le sale della Stazione dell’Arte e il CAMUC – Casa Museo Cannas di Ulassai, e si presenta come un viaggio rarefatto nell’universo simbolico di due artisti che hanno fatto della leggerezza una forma di profondità.

Joan Miró, visionario catalano, maestro della levità surrealista, e Maria Lai, tessitrice di cielo e memoria, figlia della Sardegna ancestrale, condividono qualcosa che va oltre lo stile o l’epoca. È la stessa urgenza del simbolo, lo stesso desiderio di riscrivere il visibile attraverso il mistero delle forme. Entrambi figli del Mediterraneo, nati su isole che hanno nutrito il loro sguardo – Maiorca per Miró, la Sardegna per Lai – si muovono tra geografie reali e interiori, tra mito e segno, tra voce e silenzio.

La mostra, sostenuta dal Comune di Ulassai, prodotta dalla Fondazione Stazione dell’Arte con il supporto organizzativo di Arthemisia e finanziata nell’ambito del programma europeo NextGenerationEU, accoglie oltre settanta opere: dipinti, grafiche, arazzi, libri d’artista, disegni e creazioni tessili, che tracciano una costellazione di gesti e visioni. È il pubblico a farsi tessitore di fili invisibili, guidato da un’allestimento che rinuncia all’ordine cronologico per privilegiare la risonanza poetica.

Nella prima sala, due arazzi si osservano come due occhi antichi. Da un lato, la forza onirica di Miró, che trasforma il colore in danza, il segno in evocazione primitiva, quasi infantile. Dall’altro, la trama rigorosa di Maria Lai, con i suoi alfabeti cuciti, le geometrie silenziose, la materia che diventa scrittura. Entrambi guardano all’artigianato non come citazione, ma come radice. Per loro, l’arte è un prolungamento del gesto umano, una forma di comunione.

Miró e Lai si incontrano nel linguaggio della poesia, che attraversa come una vena nascosta l’intera esposizione. “Non stabilisco alcuna differenza tra pittura e poesia”, scriveva Miró, consapevole che la pittura, per lui, era un processo mentale, una vibrazione dell’anima prima che dell’occhio. Maria Lai, allieva spirituale di Salvatore Cambosu, portava la poesia nel telaio, nei suoi libri cuciti, nei suoi racconti senza tempo. La parola, per entrambi, è qualcosa che non si legge: si ascolta interiormente, come un canto.

E così la mostra diventa una partitura delicata, una musica visiva fatta di dissonanze leggere e consonanze misteriose. Miró, che ha danzato con le avanguardie europee nel cuore di Parigi, che ha parlato con i poeti e i filosofi del Novecento, e Maria Lai, che ha camminato con passo lieve tra Roma e Venezia, ma ha scelto di tornare sempre alla sua Ulassai. Entrambi, nel pieno della maturità, hanno abbracciato la propria terra d’origine come orizzonte finale, come luogo ultimo e primo della creazione.

Nel dialogo tra le loro opere, si svela un’arte che non è mai chiusa, mai definitiva. I disegni di Miró sembrano accendersi di nuovo accanto ai fili cuciti di Lai. I suoi cieli si riempiono delle parole silenziose dell’artista sarda. È un gioco serio, come quello dei bambini che costruiscono mondi con pietre e nuvole. Miró improvvisa, Lai medita. Lui sogna il cosmo, lei ricuce la memoria. Eppure, entrambi restano fedeli a un’etica dell’immaginazione: quella che non spiega, ma invita; che non rappresenta, ma rivela.

A cornice del percorso espositivo, la mostra include attività educative pensate per le scuole e per il pubblico generalista, nel solco dell’eredità pedagogica di Maria Lai. Le visite guidate quotidiane, condotte dalle guide della Stazione dell’Arte, sono parte integrante dell’esperienza: non semplice illustrazione, ma invito alla partecipazione, all’ascolto, al sentire. L’arte, qui, non si contempla soltanto: si vive, si attraversa.

La Stazione dell’Arte, ex stazione ferroviaria trasformata in museo, è già di per sé un simbolo: luogo di partenze e ritorni, di incontri e attese. Maria Lai l’ha voluta così, aperta al vento e alla memoria, capace di accogliere e restituire. Il CaMuC, con il suo cortile interno e le sue sale raccolte, amplia questa esperienza in un itinerario che fa della piccola Ulassai un centro pulsante di visione e di pensiero.

Miró incontra Maria Lai” non è solo una mostra. È un attraversamento, una soglia. Un’occasione per lasciare che l’arte ci sorprenda ancora, con quella leggerezza che non è mai superficiale, ma è profondità che sa volare.

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Scritto da
Davide Oliviero -

Laureato in discipline umanistiche presso l'Università di Bologna sotto la guida del Professor Umberto Eco, ha avviato la sua carriera nell'archeologia classica, concentrandosi sulla drammaturgia greco-romana. Il suo interesse per il design lo ha spinto a seguire un corso triennale in design d’interni, continuando nel contempo a lavorare nel campo archeologico. Col tempo, ha sviluppato una passione per la scrittura e la musica classica, che lo ha portato a recensire opere liriche per 14 anni in teatri prestigiosi come il Teatro alla Scala, il Covent Garden e l’Opéra di Parigi. Ha inoltre curato contenuti culturali e musicali per diverse pubblicazioni. Negli ultimi anni ha scritto per la rubrica In Arte, trattando di mostre, teatro e arti letterarie a Roma, collaborando con istituzioni come le Scuderie del Quirinale e i Musei Vaticani. Ha recensito spettacoli teatrali, con particolare attenzione al musical e alla prosa, ed è accreditato presso i principali teatri italiani. La sua competenza lo ha reso un ospite frequente in programmi televisivi culturali, oltre a ricoprire il ruolo di giudice permanente per il Premio Letterario Andrea Camilleri. Attraverso i social media, promuove l’arte e la bellezza, fondendo abilmente leggerezza e profondità, rendendo questi temi accessibili a un vasto pubblico.

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