Sussurri del Passato: Il Sacrario Ritrovato di Pompei
Scoperte recenti nell’Insula 10 della Regio IX rivelano dettagli intimi sulla vita e le nostalgie delle antiche élite romane.
L’area archeologica di Pompei continua a sorprendere e a rivelare tesori nascosti che gettano luce sulla vita quotidiana e sulla cultura dell’antica città romana. Recentemente, gli scavi nella Regio IX, precisamente nell’Insula 10, hanno portato alla luce un ambiente che gli esperti identificano come un sacrario. La scoperta, frutto del lavoro di Amoretti e altri nel 2023, e prevista per ulteriori pubblicazioni dal Direttore del Parco Archeologico di Pompei Gabriel Zuchtriegel nel 2024, promette di aggiungere un nuovo strato di comprensione alla nostra conoscenza di Pompei. Il sacrario, con le sue pareti dipinte di un intenso azzurro, risale al IV Stile, l’ultimo degli stili pompeiani, che fiorì poco prima dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.
Questo stile è noto per la sua sofisticata rappresentazione di architetture illusionistiche e scene mitologiche che sembrano espandere visivamente gli spazi confinati delle stanze pompeiane. Nel sacrario in questione, le decorazioni includono figure femminili che rappresentano le stagioni, un tema ricorrente nell’arte romana, simbolo del ciclo della vita e della rinascita continua della natura. Accanto a queste figure, troviamo due allegorie che personificano l’agricoltura e la pastorizia, elementi fondamentali dell’economia e della cultura romana. Il colore azzurro che decora le pareti non è quasi mai testimoniato negli affreschi pompeiani, utilizzato per grandi decorazioni di ben più ampio calibro: come sappiamo invece, si trattava della stanza – di circa 8 mq – di una domus.
Questi temi non sono solo decorativi ma evocano anche un’epoca in cui, almeno per le élite urbane di Pompei, l’agricoltura rappresentava più un ideale nostalgico che una realtà quotidiana. Gli abitanti più abbienti della città erano ormai lontani dal lavoro diretto dei campi, delegando la gestione delle terre a villici e schiavi, mentre essi stessi si dedicavano alla vita politica e sociale nel cuore urbano. Questa nostalgia per un mondo agricolo idealizzato si riflette anche nella letteratura del tempo, come evidenziato dall’opera di Virgilio. Il poeta latino, attivo nei tumultuosi anni finali della Repubblica Romana e nei primi dell’Impero, esplora nei suoi scritti—soprattutto nelle “Georgiche” e nelle “Bucoliche”—temi di perdita, cambiamento e idealizzazione del passato rurale. Virgilio scrive di un mondo in cui la terra è contemporaneamente fonte di vita e oggetto di conflitto, come mostrato dalla redistribuzione delle terre ai veterani, che sconvolge le esistenze dei contadini locali. Il sacrario di Pompei, quindi, non è solo un sito di interesse archeologico ma diventa un simbolo di come le élite romane vedessero e rimpiangessero un passato che, anche a loro tempo, era già inaccessibile e idealizzato. Questa dimensione di nostalgia si lega profondamente al senso di irrecuperabilità e alla consapevolezza di un’epoca che, pur glorificata, lascia trasparire sotto la superficie l’ineluttabilità del cambiamento e della perdita. L’interpretazione di questi spazi e decorazioni non offre solo uno spaccato della vita e delle credenze di un tempo, ma riflette anche temi universali e atemporali di cambiamento, perdita e nostalgia, risonanti ancora oggi nella nostra comprensione del passato e nella continua ricerca della bellezza e del significato in mezzo alle rovine del tempo. Photocredit: MIC