Curata da Massimo Osanna, Direttore Generale Musei e Luca Mercuri, Direttore Regionale Musei Puglia
Roma, 18 Novembre 2024
Nel maestoso abbraccio di Castel Sant’Angelo, luogo intriso di storia millenaria, si è aperta la mostra “Forme e Colori dall’Italia Preromana. Canosa di Puglia”. Questo straordinario evento non è una semplice esposizione di reperti, ma un viaggio emotivo e intellettuale attraverso il tempo, una celebrazione della civiltà Dauna che fiorì tra il IV e il II secolo a.C. Curata con maestria da Massimo Osanna, Direttore Generale Musei, e Luca Mercuri, Direttore Regionale Musei Puglia, la mostra è un trionfo di rigore scientifico e sensibilità artistica, capace di trasportare il visitatore in un universo di simboli, rituali e bellezza senza tempo. Il percorso espositivo è stato concepito con un’attenzione minuziosa alla narrazione visiva e spaziale, trasformando le sale di Castel Sant’Angelo in un teatro dove i reperti diventano protagonisti di una storia dimenticata.
La luce, morbida e direzionale, accarezza le superfici degli oggetti, esaltando i dettagli dei mosaici, la lucentezza dei bronzi e le sfumature cromatiche delle ceramiche. La scelta di una palette luminosa calda e dorata non è casuale: essa richiama i toni del tufo pugliese, materiale che ha dato forma agli ipogei dauni, creando un legame simbolico tra il luogo d’origine dei reperti e lo spazio espositivo. Gli oggetti sono collocati in teche di vetro minimaliste, che sembrano sospese nell’aria, quasi a voler sottolineare la loro natura eterea e il loro ruolo di testimonianze di un passato che sfida il tempo. Ogni teca è accompagnata da pannelli esplicativi che coniugano rigore accademico e una prosa evocativa, permettendo al visitatore di comprendere non solo l’oggetto in sé, ma anche il contesto culturale e sociale in cui esso fu creato e utilizzato. Tra i protagonisti della mostra spiccano gli ipogei, tombe scavate nel tufo locale che ospitavano le sepolture delle élite daune. Ogni oggetto recuperato da queste necropoli racconta una storia: le armature, simbolo di potere e prestigio, evocano il ruolo dei guerrieri nelle dinamiche sociali; le ceramiche dipinte con motivi geometrici o figurativi narrano di un’estetica raffinata e di una cultura che intrecciava il sacro e il profano. E poi vi sono i gioielli, ornamenti preziosi che non erano solo simboli di ricchezza, ma amuleti carichi di significati apotropaici, strumenti di comunicazione tra il mondo terreno e quello ultraterreno. Uno dei pezzi più affascinanti è una corona d’oro, finemente decorata con motivi vegetali, che, come una voce sussurrata attraverso i secoli, ci parla della sacralità attribuita al rito funebre e del legame indissolubile tra i vivi e i morti. Accanto ad essa, le statuette votive in terracotta sembrano dialogare con il visitatore, invitandolo a immaginare il fervore religioso e il senso di appartenenza comunitaria che permeava la vita quotidiana dei Dauni.
L’allestimento si sviluppa in un crescendo emotivo, conducendo il visitatore attraverso un percorso che alterna la grandiosità degli oggetti cerimoniali alla delicatezza dei manufatti di uso quotidiano. Le sale, scandite da archi e nicchie, amplificano l’effetto scenografico, mentre una colonna sonora discreta, composta da suoni naturali e melodie evocative, accompagna il visitatore, immergendolo in un’atmosfera che oscilla tra il reale e l’immaginario. Un’installazione multimediale posta al centro di una delle sale principali proietta immagini degli ipogei di Canosa, ricostruiti con tecnologie avanzate. Questa scelta non solo arricchisce l’esperienza visiva, ma rende tangibile l’architettura funeraria dauna, permettendo al pubblico di entrare, seppur virtualmente, in quegli spazi sacri. È un’esperienza che amplifica la percezione del tempo come fluido, dove passato e presente si intrecciano in una danza eterna. Canosa, definita dal sindaco Vito Malcangio “una piccola Roma”, è un gioiello dell’archeologia italiana. Situata nella regione della Daunia, questa città fu un crocevia culturale dove convivevano influenze greche, romane e locali. Tra i suoi tesori più celebri si annoverano l’Ipogeo del Cerbero, l’Ipogeo Lagrasta e l’Ipogeo degli Scocchera, complessi monumentali che testimoniano l’abilità tecnica e artistica delle popolazioni antiche. Oltre agli ipogei, Canosa vanta un patrimonio archeologico che include il Battistero di San Giovanni, un esempio unico di architettura paleocristiana, e i resti del tempio dedicato alla dea Minerva. Questi luoghi, insieme ai reperti esposti a Castel Sant’Angelo, raccontano una storia di connessioni culturali e trasformazioni che continua ad affascinare studiosi e appassionati.
La mostra, che rimarrà aperta fino al 2 febbraio 2025, non è solo un omaggio al passato, ma un invito a riflettere sul valore della tutela del patrimonio culturale. Ogni reperto esposto è un testimone silenzioso che ci ricorda l’importanza di custodire e tramandare le radici della nostra identità. Come ha sottolineato l’europarlamentare Francesco Ventola, questa esposizione è solo l’inizio di un viaggio che porterà le meraviglie di Canosa in altre città, consolidando il ruolo della cultura come ponte tra passato e presente, tra locale e globale. La scelta di Castel Sant’Angelo come luogo ospitante non è casuale: esso stesso è un simbolo di stratificazione storica, un monumento che unisce in sé epoche e stili, creando un dialogo tra le diverse anime del nostro patrimonio. “Forme e Colori dall’Italia Preromana. Canosa di Puglia” significa intraprendere un viaggio nell’essenza dell’umanità, un viaggio che ci ricorda quanto il passato sia una bussola per orientare il nostro presente e costruire il futuro.