Roma, Scuderie del Quirinale
TLAPITZALLI: RITI E SUONI DEL MESSICO ANTICO
Dal 30 luglio al 15 settembre, le Scuderie del Quirinale ospitano “TLAPITZALLI: Riti e Suoni del Messico Antico”, un’esposizione affascinante e scientificamente rigorosa che esplora il ruolo cruciale della musica nelle culture preispaniche del Mesoamerica. Curata da Frida Montes de Oca Fiol, questa mostra è il frutto di una collaborazione internazionale tra il Ministero della Cultura italiano e il Ministero della Cultura del Messico, sostenuta dall’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia del Messico (INAH). L’esposizione si distingue per l’approccio multidisciplinare, integrando contributi di musicologi, archeologi, antropologi, etnologi e biologi. Attraverso 163 manufatti provenienti da venti musei messicani, i visitatori sono invitati a immergersi in un mondo in cui la musica era centrale in ogni aspetto della vita quotidiana, dalla religione alla guerra, dalla caccia alla guarigione. Nelle civiltà mesoamericane, la musica aveva un ruolo sacro. Strumenti musicali, canti e danze erano espressioni religiose che collegavano la vita terrena all’aldilà.
La mostra racconta leggende affascinanti, come il combattimento musicale tra Tezcatlipoca e Quetzalcóatl, e come i suoni del mondo naturale, come quelli emessi da tartarughe e balene, fossero considerati doni divini per l’umanità. La musica preispanica non era limitata alle scale pentatoniche, come si credeva fino a pochi anni fa. Felipe Flores Gamboa, ricercatore e professore di musica folcloristica presso il Conservatorio Nazionale di Città del Messico, spiega che le popolazioni locali utilizzavano scale diatoniche, polifonia e microtoni. “Ora sappiamo che si utilizzavano scale diatoniche, polifonia e microtoni, usando diverse famiglie di strumenti, come il flauto trasversale ed alcuni tipi di strumenti a corda“. Gli strumenti preispanici rinvenuti in Mesoamerica e conservati oggi come pezzi da museo —che risalgono al periodo compreso fra il 3500 a.C. e il XVI secolo— sono di origine Maya, Mixteca, Zapoteca, Purepecha, Olmeca, Totonaca, Azteca e di alcuni gruppi etnici del Nord-Ovest messicano. Utilizzando l’archeologia e l’etnomusicologia, è ora possibile ricostruire il suono di strumenti come fischietti, ocarine, flauti, huéhuetl (tamburi verticali), bastoni della pioggia, conchiglie, teponaztli (tamburi orizzontali), rompivento, ciotole e marimba di pietra. Flores sottolinea come la ricerca etnomusicale abbia permesso di intuire le caratteristiche sonore delle melodie precolombiane attraverso le espressioni indigene sopravvissute, come le feste e i riti dello Stato di Oaxaca, della zona del Totonacapan e della penisola dello Yucatan. Flores descrive strumenti notevoli come il flauto triplo di creta, capace di emettere toni e semitoni, e il flauto di bambù Huey Ácatl, che permette il microtonalismo grazie ai suoi solchi o canali. Inoltre, le rappresentazioni pittoriche mostrano le impressionanti dimensioni delle trombe Maya, come nelle pitture murali di Bonampak.
Un contributo significativo degli antichi mesoamericani sono stati i flauti a tre tubi, che permettevano di suonare la melodia e tre voci con un unico strumento. I ricercatori hanno scoperto che molte piramidi in Messico, come El Castillo a Chichen Itza, sono state costruite dagli antichi Maya per creare un effetto sonoro simile a gocce di pioggia, probabilmente per comunicare con il dio della pioggia. Quando i visitatori salgono le scale, i loro passi producono suoni che ricordano la pioggia che cade. Jorge Cruz e Nico Declercq hanno studiato queste piramidi, confrontando i suoni generati dalle orme su El Castillo con quelli della Piramide della Luna a Teotihuacan. Hanno trovato che i rumori, simili a gocce di pioggia, sono causati dalle onde sonore che viaggiano e si diffondono lungo i gradini. Questo fenomeno potrebbe indicare che le piramidi fossero progettate per tale scopo. El Castillo, generalmente ritenuta dedicata al dio Kukulcan, potrebbe anche essere stata un tempio per il dio della pioggia Chaac, come suggerisce la presenza di una sua maschera sulla cima. Secondo Francisco Estrada-Belli, molte piramidi Maya erano concepite come montagne sacre, luoghi in cui si credeva che le nuvole si raccogliessero per creare la pioggia.
“TLAPITZALLI: Riti e Suoni del Messico Antico” rappresenta un’occasione unica per esplorare una civiltà scomparsa attraverso i suoi suoni. La mostra offre un’esperienza sensoriale totalizzante, combinando artefatti visivi con registrazioni sonore, e invita i visitatori a scoprire l’antica conoscenza musicale del Mesoamerica. Un viaggio nel tempo che dimostra come la musica fosse un linguaggio universale, capace di collegare il mondo terreno con le forze divine. Mario De Simoni, Direttore generale delle Scuderie del Quirinale, ha sottolineato la tradizione delle Scuderie nel valorizzare culture lontane nel tempo e nello spazio, come dimostrato dalle mostre “Cina. Nascita di un Impero” (2006) e “Arte della Civiltà Islamica” (2015). La mostra “Tlapitzalli. Riti e suoni del Messico antico” conferma questa attenzione, offrendo l’opportunità di conoscere i suoni delle civiltà scomparse e la loro influenza sulle espressioni musicali contemporanee. Fabio Tagliaferri, Presidente e AD di Ales SpA, ha evidenziato il ruolo strategico di Ales nel supportare le attività del Ministero della Cultura attraverso il sostegno finanziario, gestionale e amministrativo. Matteo Lafranconi, Direttore esecutivo delle Scuderie del Quirinale, ha elogiato il rigore scientifico della mostra, che combina storia e antropologia per presentare studi e ricerche attuali sulle antiche civiltà. Diego Prieto Hernández, Direttore generale dell’Istituto nazionale di antropologia e storia del Messico (INAH), ha spiegato che la mostra è il risultato di una ricerca approfondita e di un’analisi minuziosa dei reperti sonori, resa possibile anche grazie all’uso di tecniche radiografiche per studiare la struttura interna degli strumenti e recuperarne i suoni originari. Carlos García de Alba, Ambasciatore del Messico in Italia, ha definito la mostra “Tlapitzalli, Riti e suoni del Messico antico” un ponte culturale tra Messico e Italia, celebrando il 150º anniversario delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi. Ha sottolineato l’importanza dei tlapitzalli, strumenti musicali aztechi, come simboli artistici e culturali che collegano il passato messicano con l’Italia di oggi.
La mostra, sapientemente organizzata e presentata in modo chiaro, ci proietta in dimensioni archeologiche lontane e affascinanti. Al di là di tutto, essa offre l’opportunità di comprendere diverse dimensioni spirituali e animiche, arricchendo la nostra conoscenza e percezione del passato. Un evento imperdibile, che invita a un viaggio profondo e riflessivo attraverso le epoche. Photocredit @DavideOliviero
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