“Sanghenapule. Vita straordinaria di San Gennaro”. La nostra recensione
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Roma, Teatro Ambra Jovinelli: “Sanghenapule. Vita straordinaria di San Gennaro”. La nostra recensione

La recensione del nostro Davide Olivieri dello spettacolo "Sanghenapule. Vita straordinaria di San Gennaro" Roberto Saviano e Mimmo Borrelli

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Roma, Teatro Ambra Jovinelli
SANGHENAPULE
Vita straordinaria di San Gennaro
testo e drammaturgia Roberto Saviano e Mimmo Borrelli
regia Mimmo Borrelli
con Roberto Saviano e Mimmo Borrelli
musiche, esecuzione ed elettronica Gianluca Catuogno e Antonio Della Ragione
scene Luigi Ferrigno
costumi Enzo Pirozzi
luci Salvatore Palladino
sound design Alessio Foglia
produzione Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini

Roma, 25 Ottobre 2024
Roberto Saviano e Mimmo Borrelli presentano “Sanghenapule. Vita straordinaria di San Gennaro”, un’opera densa di pathos che disvela la Napoli più profonda, quella delle periferie marginali e dei segreti sepolti sotto la sua superficie. Il testo, scaturito dalla collaborazione tra Saviano e Borrelli, esplora la città nelle sue intrinseche contraddizioni: un locus di brutalità e speranza, che si dipana sul palcoscenico attraverso una drammaturgia pervasa di tensione e di poesia oscura. Napoli è una città che vive in un equilibrio precario tra il sacro e il profano, un luogo in cui la bellezza coesiste con la tragedia, e la storia si intreccia con il mito. È una polis di fuoco e sangue, ove il Vesuvio si erge come un guardiano silente e minaccioso, emblema della forza primordiale che la contraddistingue. Napoli è un mosaico di storie ataviche, di personaggi che si muovono nei vicoli angusti, di preghiere sussurrate e di grida disperate. La sua anima si alimenta di contrasti: la devozione religiosa si interseca con la violenza della strada, l’opulenza barocca dei suoi edifici storici con la povertà che serpeggia nei suoi quartieri popolari. È un luogo in cui ogni pietra reca il racconto di resistenza e sopravvivenza, in cui il folklore diventa atto di sfida alla sofferenza quotidiana.

In questo spettacolo, che intreccia narrazione e poesia, Borrelli e Saviano conducono lo spettatore nel cuore incandescente di Napoli, dove convivono mistero e contraddizione. Attraverso un linguaggio denso di forza espressiva, i due attori ripercorrono le tappe di una storia che si snoda in equilibrio fra il sacro e il profano, tra il mondo celeste e quello sotterraneo. Il tema del sangue diviene il filo conduttore che lega la narrazione, dalle antiche storie di martiri sino al presente, evocando la sofferenza e la resistenza di una città che lotta incessantemente contro l’oppressione. È il sangue che si scioglie ogni anno in segno di speranza; è il sangue dei martiri della fede e dei “martiri laici” della Repubblica Partenopea, che nel tardo Settecento tentò di contrapporsi all’oppressione borbonica; è l’emorragia dei migranti che lasciarono Napoli nei primi decenni del Novecento, in cerca di un futuro migliore; è il sangue degli innocenti falciati dalle bombe della Seconda Guerra Mondiale e delle vittime della camorra.

La regia di Mimmo Borrelli è rigorosa ed essenziale, volta a cogliere la forza primordiale del testo senza concessioni al superfluo. Borrelli modella la scena come un’incudine su cui forgiare l’anima di Napoli, scandendo il ritmo con cambi repentini e pause che divengono respiri profondi, indispensabili per immergersi nell’abisso della città. Ogni dettaglio della regia mira a scuotere lo spettatore, costringendolo a confrontarsi con la crudezza della realtà napoletana, in un percorso che lo conduce nei vicoli bui e senza tregua di una città che ride e sanguina, vive e muore. La trama si dipana attraverso narrazioni intime e confessioni, esplorando una Napoli percorsa da contrasti e popolata da un’umanità dolente. Saviano e Borrelli danno voce a personaggi che si dibattono tra miseria e speranza, con una presenza scenica carismatica e densa di pathos.

Saviano, con la sua parola acuminata e tagliente, si fa testimone delle storie di dolore e resistenza; Borrelli, con la sua voce potente e una gestualità evocativa, dà corpo al dolore e alla rabbia di Napoli, in una performance che rasenta il rituale, carica di autenticità e di una forza ancestrale.

La scenografia di Luigi Ferrigno è ridotta all’essenziale: pochi elementi suggeriscono una Napoli oscura, fatta di vicoli angusti e di interni modesti, con il Vesuvio che incombe sullo sfondo come un monito perenne. I costumi di Enzo Pirozzi rievocano l’iconografia tradizionale in modo sobrio ed efficace, mentre le luci di Salvatore Palladino creano atmosfere crude e drammatiche, evidenziando la precarietà di una città sospesa fra speranza e dannazione. Le luci fredde, particolarmente nei momenti di violenza, acuiscono il senso di smarrimento e l’urgenza di sopravvivere. La musica, curata ed eseguita da Gianluca Catuogno e Antonio Della Ragione, accompagna la narrazione con un tessuto sonoro che coniuga sonorità elettroniche e ritmi tradizionali napoletani. La colonna sonora si intreccia alla recitazione, creando un dialogo costante tra le voci degli attori e la musica, amplificando la tensione emotiva e rendendo la narrazione ancora più viscerale. Il sound design di Alessio Foglia avvolge lo spettatore in un ambiente sonoro che lo trascina in una Napoli sospesa tra mito e realtà.

“Sanghenapule” è uno spettacolo che non può lasciare indifferenti, che invita alla riflessione sulla realtà di Napoli e, per estensione, sull’Italia intera. Saviano e Borrelli, con una onestà disarmante, portano sul palco una città fatta di vicoli oscuri, di esistenze spezzate, e di una speranza che non smette di resistere. Il teatro diviene luogo di denuncia e riflessione, ma anche di possibile rinascita: un altare su cui sacrificare l’indifferenza e accendere una fiamma di consapevolezza. Un’opera di intensa potenza, che si imprime nell’animo come un marchio indelebile, un grido disperato che non può essere ignorato. Il pubblico ha applaudito con entusiasmo e grande partecipazione, dimostrando di aver colto e apprezzato l’intensità e la profondità dello spettacolo. Napoli, con la sua storia di oppressioni e lotte, diviene un simbolo universale di resistenza e di umanità, invitando ciascuno di noi a non arrendersi mai di fronte alle difficoltà e a cercare una redenzione collettiva attraverso la solidarietà e la consapevolezza. Photocredit©LorenzoCevaValla

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Scritto da
Davide Oliviero -

Laureato in discipline umanistiche presso l'Università di Bologna sotto la guida del Professor Umberto Eco, ha avviato la sua carriera nell'archeologia classica, concentrandosi sulla drammaturgia greco-romana. Il suo interesse per il design lo ha spinto a seguire un corso triennale in design d’interni, continuando nel contempo a lavorare nel campo archeologico. Col tempo, ha sviluppato una passione per la scrittura e la musica classica, che lo ha portato a recensire opere liriche per 14 anni in teatri prestigiosi come il Teatro alla Scala, il Covent Garden e l’Opéra di Parigi. Ha inoltre curato contenuti culturali e musicali per diverse pubblicazioni. Negli ultimi anni ha scritto per la rubrica In Arte, trattando di mostre, teatro e arti letterarie a Roma, collaborando con istituzioni come le Scuderie del Quirinale e i Musei Vaticani. Ha recensito spettacoli teatrali, con particolare attenzione al musical e alla prosa, ed è accreditato presso i principali teatri italiani. La sua competenza lo ha reso un ospite frequente in programmi televisivi culturali, oltre a ricoprire il ruolo di giudice permanente per il Premio Letterario Andrea Camilleri. Attraverso i social media, promuove l’arte e la bellezza, fondendo abilmente leggerezza e profondità, rendendo questi temi accessibili a un vasto pubblico.

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