All’interno del Romaeuropa Festival 2024, “La Ferocia”, tratto dall’omonimo romanzo di Nicola Lagioia, prende vita sul palco del Teatro Argentina, grazie alla compagnia VicoQuartoMazzini. La regia, curata da Michele Altamura e Gabriele Paolocà, offre una rappresentazione incisiva e stratificata, in cui la periferia di Bari diventa un riflesso simbolico delle complessità e delle ombre che caratterizzano la nostra società contemporanea.
Con l’adattamento di Linda Dalisi, lo spettacolo esplora i temi della verità, della corruzione e della decadenza morale, puntando i riflettori su un contesto familiare intriso di tensioni e peccati in eredità. Il protagonista, Michele Salvemini, si ritrova coinvolto in una ricerca ossessiva della verità sulla morte della sorella Clara. La sua indagine non è solo personale, ma si erge come riflessione universale sulla giustizia, la colpa e la vendetta, evocando archetipi tragici che si estendono dall’antichità fino ai nostri giorni.
Il lavoro di Altamura e Paolocà si distingue per la loro capacità di fondere linguaggi diversi – teatro, video, installazione – in una composizione che esalta l’elemento multimediale senza mai tradire la potenza narrativa del testo. Gli spettatori sono trascinati in un’esperienza sensoriale che richiama visioni di artisti come Robert Lepage, dove tecnologia e narrazione si intersecano per approfondire la condizione umana. Clara, pur assente fisicamente, domina la scena come una presenza invisibile ma costante. La sua assenza è carica di significato, tanto da divenire un potente simbolo dell’oppressione invisibile del potere e della corruzione che permeano la vita dei personaggi.
Le scenografie firmate da Daniele Spanò creano un’atmosfera cupa e opprimente, in linea con la tensione gotica del romanzo di Lagioia. Il contesto visivo amplifica il senso di decadenza morale che attanaglia la famiglia Salvemini, evocando un mondo in cui i confini tra giusto e sbagliato sono sempre più sfumati. Le musiche originali di Pino Basile, con il loro legame profondo con la tradizione musicale del Sud Italia, forniscono una colonna sonora che riflette il tormento interiore dei personaggi, aggiungendo un ulteriore livello di complessità emotiva allo spettacolo.
Fondamentale anche il disegno luci di Giulia Pastore, che con sapienti giochi di ombre e contrasti sottolinea la desolazione e il caos interiore dei protagonisti. Le luci non sono solo un elemento tecnico, ma diventano parte integrante della narrazione, rendendo ancora più palpabile l’inquietudine che pervade la vicenda.
Le interpretazioni degli attori sono uno dei punti di forza della rappresentazione. Gabriele Paolocà, nel ruolo di Michele, incarna un personaggio lacerato tra il dolore e la sete di verità, portando in scena un tormento interiore che si trasforma in una lotta contro il sistema e le sue ombre. Gaetano Colella, nei panni del giornalista, offre un’interpretazione che incarna il dubbio morale, rappresentando la figura dell’intellettuale che lotta per svelare le verità nascoste, in un continuo richiamo alla critica sociale.
VicoQuartoMazzini, con questo adattamento, non propone una semplice trasposizione del romanzo di Lagioia, ma crea un’opera autonoma, capace di parlare con forza al pubblico contemporaneo. L’analisi spietata del potere, della corruzione e della disumanizzazione attraversa la messa in scena, offrendo uno specchio per riflettere sulle sfide e sulle contraddizioni del nostro presente. Lo spettacolo diventa così non solo un’esperienza teatrale, ma una riflessione profonda su una società in declino, in cui il potere si muove nell’ombra e la giustizia appare sempre più distante e inafferrabile.