Rievocazione dell’allestimento storico di Tosca per i 125 anni dalla prima al Teatro Costanzi, con la presenza del Presidente Mattarella.
Tra le vette inarrivabili del teatro musicale operistico, Tosca di Giacomo Puccini occupa un posto di assoluto rilievo, quale sintesi perfetta di dramma, passione e musica. Quest’opera, rappresentata per la prima volta al Teatro Costanzi di Roma il 14 gennaio 1900, segna una tappa cruciale nella storia del melodramma, sublimando l’arte della narrazione attraverso un intreccio teatrale di straordinaria efficacia e una partitura che innerva di pathos ogni gesto scenico. In occasione del 125° anniversario di quel debutto memorabile, il Teatro dell’Opera ha riportato in scena l’allestimento storico di Adolf Hohenstein, un capolavoro di equilibrio scenografico e stilistico che ha segnato un’epoca.
Alla celebrazione di questa straordinaria ricorrenza ha preso parte il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il cui omaggio ha ulteriormente sottolineato il valore culturale e istituzionale dell’evento. La serata, introdotta dallo svelamento di una targa commemorativa, ha ribadito il ruolo centrale del Teatro Costanzi come culla di capolavori assoluti del repertorio lirico.
Le scene dipinte e i costumi, restaurati con maestria da Carlo Savi e Anna Biagiotti, incarnano con fedeltà lo spirito romano del dramma. Questi elementi, lungi dall’essere protagonisti, fungono da cornice ideale, lasciando che sia la narrazione musicale a dominare. La cura minuziosa dedicata ai movimenti scenici risulta evidente: la Tosca, con la sua gestualità vibrante e romanità schietta, si oppone alla glaciale e aristocratica solennità di Scarpia; Spoletta, con la sua astuta sveltezza, e il Sagrestano, amalgama di furbizia e devozione, completano un quadro umano di rara vividezza.
La direzione musicale di Michele Mariotti è stata una lezione di equilibrio e ispirazione. Con una sensibilità acuta verso le esigenze della partitura pucciniana, Mariotti ha saputo valorizzare l’intreccio di voci e orchestra, evitando qualsiasi eccesso retorico. Momenti come il Vissi d’arte hanno raggiunto vertici di intensità emotiva grazie a pause calibrate e silenzi carichi di tensione, capaci di catalizzare l’attenzione del pubblico fino all’esplosione di un applauso liberatorio.
Saioa Hernández ha donato alla figura di Floria Tosca una vitalità vocale e interpretativa straordinaria. La rotondità della sua voce, uniforme e priva di cedimenti, si è imposta come il fulcro emotivo della serata. Gevorg Hakobian, nel ruolo di Scarpia, ha puntato sulla profondità del colore vocale, offrendo un ritratto incisivo, seppur meno sfumato sul piano del fraseggio. Gregory Kunde, veterano di esperienza incomparabile, ha restituito un Cavaradossi ricco di eleganza, nonostante una recitazione a tratti sovraccarica. Saverio Fiore ha ribadito la sua impeccabile sicurezza nel ruolo di Spoletta, mentre Domenico Colaianni ha dato al Sagrestano una caratterizzazione sapida e autenticamente romana. Irene Codau, nel ruolo del pastorello, ha colpito per freschezza e precisione.
Il Coro, diretto da Ciro Visco, ha brillato per coesione e varietà timbrica, offrendo una lettura memorabile del Te Deum, un momento di grandiosa solennità, e della cantata del secondo atto. L’applauso finale, lungo e caloroso, ha suggellato una serata che ha ribadito l’immortalità di un capolavoro senza tempo, esaltato dalla dedizione di interpreti e maestranze di prim’ordine.
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