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Roma, Teatro dell’Opera: “Il rosso ed il nero”

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Il Teatro dell’Opera di Roma, con Il Rosso e il Nero di Uwe Scholz, apre uno squarcio sulla profonda complessità di Julien Sorel, l’eroe di Stendhal, personaggio che racchiude ambizioni, passioni e un’inesausta ricerca di sé. La scelta di trasporre in danza un’opera letteraria tanto iconica come quella stendhaliana rappresenta un’ambiziosa sfida, raccolta con rigore intellettuale e finezza tecnica dal coreografo tedesco. Sorel, incarnato dall’intenso Michele Satriano, diventa il simbolo di una parabola di ascesa e declino, carico di quella tensione morale che lo rende contemporaneo e insieme atemporale. La musica di Hector Berlioz, sotto la direzione ispirata di Martin Georgiev, si fa voce delle sue inquietudini e dei suoi sogni, delineando un mondo di simboli che accompagna i gesti, i salti e le pirouettes del protagonista.

Un Balletto di Eredità e Innovazione Scholz, allievo di John Cranko, adotta qui la tradizione del balletto narrativo ottocentesco, trasfigurandola in una visione profondamente moderna. La coreografia si apre con Julien, libro in mano, immerso in un contesto rurale che evoca la semplicità e le costrizioni della sua origine contadina, una sorta di Giselle reinterpretato. Il racconto visivo è costruito attraverso le scenografie oniriche di Ignasi Monreal, il cui tratto spagnoleggiante si affianca a una monumentalità classica che ricorda Jacques-Louis David e De Chirico, mentre i costumi di Anna Biagiotti contribuiscono a creare un’atmosfera sospesa tra la storia e il sogno.

Un Intrico di Relazioni e la Psicologia del Balletto La complessità della coreografia di Scholz emerge nel delineare i sottili legami che uniscono Sorel a Madame de Rénal (una sublime Rebecca Bianchi) e alla volitiva Mathilde de la Mole (Marianna Suriano, nuova étoile), le quali incarnano due poli opposti della sua esistenza: l’amore passionale e l’ambizione sociale. Il primo atto è dedicato a Madame de Rénal, la cui grazia ritrosa si scioglie progressivamente in risposta alla corte insistente di Sorel. Qui, l’intesa tra Satriano e Bianchi si sviluppa in un crescendo lirico, tra sguardi, allontanamenti e rapimenti fisici che ricordano, per intensità, le grandi interpretazioni di Galina Ulanova nella tradizione del drambalet russo.

Contrasti Cromatici e Simbolici Nel secondo atto, è il rosso a dominare la scena, richiamo alle tensioni e alla forza dei sentimenti in gioco. La Mathilde di Suriano entra in scena come incarnazione di una fiera sensualità, che si oppone alla tenerezza del rapporto con Madame de Rénal. Il duetto con Sorel diventa così una sfida, un dialogo che si esprime non più in gesti lirici ma in pose rigide, come fossero armature che proteggono due esseri intimamente distanti. Questo contrasto, amplificato da candelabri monumentali, conferisce alla scena un’aura di opulenza e decadenza, mentre la musica di Berlioz si fa anch’essa incalzante, avvolgendo la danza in un vortice di desiderio e potere.

La Fine Tragica e la Gloria del Sacrificio Il percorso di Sorel si conclude nella mestizia del seminario, tra simboli religiosi che ricordano il peso della colpa e della redenzione. La scena finale, illuminata da un rosso vibrante, trasporta il protagonista verso la morte, accolto con eroismo e senza clamore. L’addio delle amanti rivela chi, davvero, ha toccato il cuore di Sorel: Madame de Rénal, la cui presenza silenziosa è il culmine di un amore che resiste alla violenza della storia. Scholz, affidandosi alla Marche Funébre di Berlioz, suggella un finale gotico e biblico, mentre l’ombra di Mathilde sembra quasi sublimare in una visione onirica, senza mai sciogliersi in un legame autentico con Julien.

Un Banco di Prova per il Corpo di Ballo Con questa ripresa del balletto di Scholz, la compagnia del Teatro dell’Opera di Roma dimostra di essere all’altezza di un’eredità artistica così complessa, in un’opera che unisce la sensibilità psicologica di Stendhal alla rigida formalità del balletto. Ogni interprete, dai primi ballerini ai solisti, contribuisce a creare una narrazione danzata che si muove su un piano storico, simbolico e profondamente umano, in cui la tradizione e l’innovazione si fondono senza sforzo.

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Scritto da
Davide Oliviero -

Laureato in discipline umanistiche presso l'Università di Bologna sotto la guida del Professor Umberto Eco, ha avviato la sua carriera nell'archeologia classica, concentrandosi sulla drammaturgia greco-romana. Il suo interesse per il design lo ha spinto a seguire un corso triennale in design d’interni, continuando nel contempo a lavorare nel campo archeologico. Col tempo, ha sviluppato una passione per la scrittura e la musica classica, che lo ha portato a recensire opere liriche per 14 anni in teatri prestigiosi come il Teatro alla Scala, il Covent Garden e l’Opéra di Parigi. Ha inoltre curato contenuti culturali e musicali per diverse pubblicazioni. Negli ultimi anni ha scritto per la rubrica In Arte, trattando di mostre, teatro e arti letterarie a Roma, collaborando con istituzioni come le Scuderie del Quirinale e i Musei Vaticani. Ha recensito spettacoli teatrali, con particolare attenzione al musical e alla prosa, ed è accreditato presso i principali teatri italiani. La sua competenza lo ha reso un ospite frequente in programmi televisivi culturali, oltre a ricoprire il ruolo di giudice permanente per il Premio Letterario Andrea Camilleri. Attraverso i social media, promuove l’arte e la bellezza, fondendo abilmente leggerezza e profondità, rendendo questi temi accessibili a un vasto pubblico.

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