Nelle sale del Vittoriano e di Palazzo Venezia, emerge un uomo complesso, quasi evanescente, come avvolto nel mistero di ciò che ha reso visibile l’invisibile. Guglielmo Marconi non è più il trionfatore celebrato sui manuali, ma appare qui in tutta la sua intimità, attraverso un itinerario che intreccia tecnologia e anima, ricerca e inquietudine.
La mostra, “Guglielmo Marconi. Vedere l’invisibile,” si snoda tra due ambienti in apparente contrapposizione, quasi a suggerire la doppia natura dell’inventore e la sua incessante ricerca. Da un lato, la Sala Reale di Palazzo Venezia, ampia e luminosa, dove la luce naturale si riversa sugli oggetti esposti, sembra aprire uno spazio di respiro, di ammirazione silenziosa. Qui, radio d’epoca, strumenti tecnici complessi, cavi attorcigliati e raffinati congegni in ottone disposti in ordine, raccontano la dimensione pubblica di Marconi. Un pioniere, un visionario, colui che ha visto l’onda prima che esistesse. Osservare questi strumenti è come assistere alla materializzazione del progresso, un progresso che sembra respirare la stessa luce che li illumina. Dall’altro lato, nella Sala Zanardelli al Vittoriano, l’atmosfera cambia: uno spazio lungo e stretto, quasi soffocante, illuminato da faretti artificiali che creano ombre sui documenti e sugli oggetti personali, accentuandone i dettagli più intimi. È qui che emerge un Marconi più umano, un uomo di lettere, di relazioni e di scelte difficili. Le lettere di corrispondenza, alcune vergate a mano e altre battute a macchina, ci riportano a un tempo in cui comunicare era un gesto solenne, ponderato. I toni, le riflessioni, i dubbi su carta sono lì a mostrare il lato fragile e pensieroso di un uomo che, dietro alla sua genialità, custodiva anche timori e incertezze. Questi documenti, insieme agli oggetti personali – una penna, un paio di occhiali dalla montatura sottile, una vecchia cartolina ingiallita – sembrano sospesi in un silenzio che racconta, senza parole, il prezzo dell’isolamento.
Il percorso espositivo, suddiviso in otto sezioni, accompagna il visitatore attraverso tappe che vanno dalla giovinezza del giovane curioso e visionario alla conquista delle onde radio. In ogni angolo, installazioni interattive e filmati animano la storia, portando alla luce il volto di un Marconi imprenditore e stratega, oltre che inventore. Una delle sezioni più suggestive include il documentario sull’Elettra, la “nave laboratorio” di Marconi, uno spazio fluttuante che divenne il suo rifugio scientifico e umano, un luogo dove poteva sperimentare e osservare in solitudine. È quasi palpabile la sensazione che, su quella nave, Marconi non cercasse solo risposte tecniche, ma un equilibrio interiore lontano dagli applausi e dal clamore.
Con la collaborazione di Cinecittà, dell’Archivio Luce e di istituzioni prestigiose come le Bodleian Libraries di Oxford e il Museo Storico della Comunicazione di Roma, la mostra si arricchisce di materiale raro e prezioso. Cavi, strumentazioni tecniche, fotografie d’epoca e reperti provenienti da 34 enti prestatori sembrano narrare una storia in ogni piccolo dettaglio, come se il peso del passato continuasse a vibrare, offrendo al pubblico un viaggio che va oltre la semplice osservazione. Il supporto di sponsor come ENEL, Fincantieri e Terna e la collaborazione della Fondazione Leonardo, che ha contribuito con contenuti multimediali sviluppati con l’intelligenza artificiale, rende l’esperienza completa, senza mai cadere nel superfluo.
Ogni strumento, ogni cavo e lettera, diventa una tessera che ricostruisce la personalità di Marconi, mostrandoci non solo un inventore acclamato, ma un uomo che ha pagato con la propria intimità il desiderio di esplorare l’invisibile. Marconi, in qualche modo, si allontana tra le ombre e la luce, come un’eco che vibra nell’etere, ricordandoci che il tentativo di afferrare l’invisibile richiede sacrifici di cui resta traccia solo tra le pieghe di una penombra, dietro le lenti di un paio di occhiali o nel riflesso di una radio d’epoca. Guglielmo Marconi fu non solo il pioniere delle trasmissioni radio, ma un rivoluzionario che aprì nuovi orizzonti, spingendo l’umanità oltre il visibile, verso un’era di comunicazioni senza confini.
“Era da poco trascorso mezzogiorno, quel 12 dicembre 1901, quando portai la cuffia all’orecchio e mi misi all’ascolto. Il ricevitore appoggiato sul tavolo di fronte era molto rudimentale, con solo qualche bobina, senza valvole, né amplificatori, senza neanche un cristallo”. Queste parole evocano un momento storico: un giovane di appena 27 anni che sfida le convenzioni della fisica, dimostrando che la comunicazione poteva travalicare l’Oceano Atlantico, collegando il vecchio e il nuovo mondo in un simbolico abbraccio. Più di cento anni fa, alle 12.30 post-meridiane, a St. John’s, sull’isola di Terranova, il ricevitore di Marconi captò il messaggio del primo telegrafo senza fili che attraversò l’Atlantico. I tre punti della lettera S dell’alfabeto Morse, partiti dall’antenna di Poldhu in Cornovaglia, rappresentarono un punto di svolta nella storia delle comunicazioni. Un trionfo che non solo dimostrò il potere delle onde radio di curvare insieme alla Terra, ma gettò le basi per la radio moderna. Dopo quel successo, la radio iniziò a trasmettere musica e parole, diventando parte della quotidianità e trasformandosi in uno strumento di salvezza per molte vite, come nel caso del Titanic. Quando Marconi morì, nel 1937, il mondo gli rese omaggio con un gesto unico: tutte le stazioni radio si interruppero per un minuto, silenzio che risuonò come un tributo all’uomo che aveva rivoluzionato il modo di comunicare.
La mostra “Vedere l’invisibile” è, dunque, più di un omaggio a un genio. È un viaggio attraverso i paradossi della modernità: tra la ricerca della connessione e il prezzo dell’isolamento, tra l’avanzamento tecnologico e le inquietudini di un uomo. Marconi ci invita a guardare oltre, a cercare la verità invisibile che vibra nell’etere, consapevoli che il progresso non è mai solo un accumulo di invenzioni, ma una tensione continua verso l’invisibile, un sacrificio umano che si cela dietro ogni grande conquista.