L’anteprima della mostra “SalvArti” restituisce alla collettività 25 opere confiscate alla criminalità organizzata, un simbolo di resistenza culturale e promozione della legalità. In esposizione fino al 21 novembre 2024 alla Casa Museo Hendrik Christian Andersen di Roma, per poi proseguire a Milano e Reggio Calabria.
Oggi, 16 ottobre 2024, presso la Casa Museo Hendrik Christian Andersen di Roma, è stata inaugurata l’anteprima della mostra “SalvArti. Dalle confische alle collezioni pubbliche”, un progetto che rappresenta un momento di grande significato sia culturale che civile. La mostra, che rimarrà aperta fino al 21 novembre 2024, espone una selezione di 25 opere d’arte contemporanea, sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata e ora restituite alla collettività. Un’iniziativa di alto valore simbolico e artistico, che mira a sottolineare l’importanza della tutela del patrimonio culturale come strumento di promozione della legalità e di consapevolezza civica.
Alla cerimonia inaugurale hanno partecipato il Sottosegretario di Stato alla Cultura, On. Gianmarco Mazzi, il Sottosegretario all’Interno, On. Wanda Ferro, il Direttore dell’Agenzia Nazionale Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC), Prefetto Maria Rosaria Laganà, il Sindaco della Città Metropolitana di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, e l’Assessore alla Cultura del Comune di Milano, Tommaso Sacchi. Le loro parole hanno sottolineato l’importanza di un progetto che mette in luce la collaborazione tra istituzioni per la valorizzazione del patrimonio culturale confiscato, rendendolo fruibile al pubblico e promuovendo la cultura della legalità.
“La mostra SalvArti – ha dichiarato il Direttore generale Musei, Massimo Osanna – rappresenta una buona pratica sotto numerosi punti di vista, dalla valorizzazione del patrimonio culturale, anche quale strumento di promozione della legalità, alla collaborazione tra diverse istituzioni. L’esposizione, che si apre a Roma, per poi proseguire a Milano e Reggio Calabria, consente la fruizione di opere di rilevante interesse storico-artistico e al tempo stesso offre un’opportunità di riflessione e dialogo sui temi dei valori civici, della consapevolezza e della responsabilità della cittadinanza, rivolta a tutti i pubblici e specialmente alle giovani generazioni”.
L’anteprima romana fa parte del più ampio progetto espositivo “Arte per la cultura della legalità”, curato dalla Direzione generale Musei del Ministero della Cultura, dall’ANBSC, dal Comune di Milano e dalla Città Metropolitana di Reggio Calabria, in collaborazione con il Ministero dell’Interno. Questo progetto si propone di restituire alla collettività un patrimonio culturale a lungo invisibile, ricontestualizzandolo in sedi museali e mettendo in luce il ruolo delle istituzioni coinvolte nel lungo e complesso processo di recupero e verifica dell’autenticità delle opere. Le istituzioni coinvolte includono il Comando Carabinieri Tutela del Patrimonio culturale e la Guardia di Finanza, oltre alle diverse direzioni e soprintendenze del Ministero della Cultura.
Dopo la tappa romana, la mostra proseguirà al Palazzo Reale di Milano dal 2 dicembre 2024 al 26 gennaio 2025 e al Palazzo della Cultura di Reggio Calabria dall’8 febbraio al 27 aprile 2025. Successivamente, alcune delle opere esposte verranno consegnate agli istituti museali di Milano, Roma, Napoli e Cosenza, dove saranno integrate nelle collezioni permanenti. In particolare, le opere provenienti da Reggio Calabria torneranno al Palazzo della Cultura “P. Crupi”, la prima realtà museale interamente dedicata alla restituzione di un patrimonio culturale confiscato alla criminalità organizzata.
Il percorso espositivo di “SalvArti” offre una visione ampia e articolata dell’arte contemporanea, con opere di grafica, pittura, scultura, installazioni e stampe fotografiche, organizzate secondo criteri cronologici e tematici. Tra le correnti rappresentate figurano il gruppo “Novecento”, la Metafisica con artisti come Mario Sironi e Carlo Carrà, la Transavanguardia di Sandro Chia, e la Nuova scuola Romana, oltre ad esperienze come il New Dada, l’astrattismo geometrico e informale, l’arte murale di Keith Haring e il genere del libro d’artista. Questa varietà consente di esplorare gli sviluppi dell’arte dalla seconda metà del Novecento fino ai primi anni 2000, con un’attenzione particolare all’evoluzione dei linguaggi artistici e alle loro implicazioni sociali.
L’intera esposizione si presenta come un viaggio non solo attraverso le espressioni estetiche, ma anche attraverso la storia del nostro Paese, una storia fatta di contraddizioni, lotte e riscatto. Le opere qui presenti, nella loro diversità stilistica, testimoniano non solo la creatività degli artisti, ma anche il ruolo che l’arte stessa assume come strumento di riflessione e di resistenza. Ogni pezzo esposto porta con sé una storia, spesso interrotta e poi ripresa, come quelle delle vite umane che hanno subito i soprusi delle mafie. In questo contesto, il gesto del recupero e della restituzione non è semplicemente un atto amministrativo, ma diventa un atto poetico e civile, un modo per restituire dignità non solo alle opere ma anche alla comunità a cui appartengono.
I visitatori si trovano di fronte a un itinerario complesso, dove le opere di artisti come Mario Sironi, con le sue atmosfere metafisiche e cupe, sembrano dialogare con le provocazioni della Transavanguardia di Sandro Chia, in un continuo gioco di contrasti e rimandi. La presenza di Keith Haring, con la sua arte murale, aggiunge un ulteriore livello di significato: le sue figure stilizzate, simboli universali di lotta e speranza, sembrano voler ricordare al pubblico che l’arte è sempre un atto politico, una presa di posizione contro l’oppressione e l’ingiustizia.
Le tre edizioni della mostra e i successivi allestimenti museali non solo ampliano le possibilità di valorizzazione e fruizione pubblica del patrimonio culturale contemporaneo, ma offrono anche un’occasione per comunicare i valori della legalità e della responsabilità civile, in particolare alle giovani generazioni, attraverso l’arte come mezzo di riflessione e dialogo sociale. In questo senso, la mostra “SalvArti” non è solo un’esposizione di opere, ma un manifesto, un invito alla partecipazione civica e alla presa di coscienza. Ogni opera restituita diventa un simbolo di resistenza, un monito contro l’indifferenza e un richiamo all’impegno collettivo per la costruzione di una società più giusta.
Il gesto del restituire all’arte la sua funzione pubblica, sottraendola alle logiche della criminalità organizzata, è un atto che deve risuonare profondamente : la bellezza, l’arte, la cultura non possono essere confinate in un privato egoistico, ma devono tornare a essere patrimonio comune, fonte di ispirazione e strumento di emancipazione. La mostra “SalvArti” ci ricorda, con la forza delle immagini e delle storie che esse raccontano, che l’arte è un bene comune, un valore che appartiene a tutti e che deve essere difeso con determinazione, contro ogni tentativo di sopraffazione.
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