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Tra metamorfosi e visioni: Alex Da Corte e Guido Guidi accendono il MAXXI

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Un viaggio tra trasparenze alchemiche e luce rivelatrice: il dialogo tra le opere di Alex Da Corte e le fotografie di Guido Guidi trasforma il MAXXI in uno spazio di interrogazioni, scoperte e poesia visiva.

Tra le linee sinuose e quasi liquide del MAXXI, dove l’architettura di Zaha Hadid si dispiega in una danza continua tra vuoti e pieni, The Large Glass di Alex Da Corte e la mostra di Guido Guidi inaugurano un dialogo di rara intensità. Non si tratta semplicemente di un’esposizione di opere, ma di una rilettura del museo come dispositivo narrativo, dove ogni elemento – dagli spazi agli oggetti, dalle ombre alle luci – è parte di un unico racconto, stratificato e complesso.

Alex Da Corte, artista concettuale nato a Philadelphia nel 1980, è un esploratore della metamorfosi. La sua opera non è mai statica: si muove tra pittura, scultura, installazione e video, creando un linguaggio capace di attraversare e ibridare i confini tra media e significati. In The Large Glass, Da Corte interpreta le Collezioni del MAXXI come un organismo vivo, un ecosistema dove il vetro – fragile e trasparente – diventa metafora di una trasformazione costante. L’artista attinge agli archetipi della natura – acqua, vento, fuoco e terra – per costruire un percorso alchemico che evoca una “età del vetro”, in cui la trasparenza e la fragilità si convertono in simboli di resistenza e adattabilità.

L’opera che apre la mostra, Modena (1978) di Luigi Ghirri, è un’immagine di silenziosa potenza. La fotografia si presenta come un portale fenomenologico: i dettagli apparentemente ordinari acquisiscono una densità che trascende la loro materialità, suggerendo una realtà sottile, quasi impercettibile. Ghirri cattura un frammento di tempo e spazio che si espande oltre i confini della cornice, diventando un invito a guardare il mondo con occhi nuovi. Questa stessa tensione attraversa tutto il progetto di Da Corte, che mette in scena opere come The Globe di Atelier Van Lieshout – un mappamondo che riflette sull’instabilità dei confini geografici e simbolici – e Mixing Parfums di Massimo Bartolini, un’installazione multisensoriale che diffonde nell’aria profumi di gelsomino e terra, evocando memorie olfattive di luoghi perduti o immaginati.

Ogni opera è collocata con precisione chirurgica, in dialogo con lo spazio e le altre opere. For the Benefit of All the Races of Mankind di Kara Walker irrompe nella narrazione con una forza iconografica dirompente, affrontando il tema del razzismo con immagini crude e incisive che si fissano nella memoria dello spettatore. A sua volta, Fire Tires di Gal Weinstein congela un momento di violenza in una struttura molecolare che diventa simbolo di trasformazione e resilienza. L’arte qui non è oggetto da contemplare passivamente, ma dispositivo attivo, capace di generare domande e tensioni, di creare un campo di forze che coinvolge lo spettatore.

In parallelo, la mostra di Guido Guidi si sviluppa come un canto sommesso, dove la luce diventa protagonista assoluta. Guidi non fotografa oggetti o paesaggi, ma il modo in cui la luce li modella, li attraversa, li trasforma. Ogni fotografia è un esercizio di contemplazione, un’indagine sul rapporto tra visibile e invisibile. L’artista esplora l’ordinarietà con una precisione quasi scientifica, trasformando muri, finestre e angoli di strada in strutture poetiche che sfidano la percezione e la memoria.

Se Da Corte si muove nella dimensione del simbolico e dell’archetipico, Guidi opera nella dimensione del reale e del fenomenologico. Eppure, i due percorsi si intrecciano in un dialogo che attraversa i confini tra naturale e artificiale, tra materia e luce. Il MAXXI, con la sua architettura fluida e dinamica, diventa il palcoscenico ideale per questa interazione: non un semplice contenitore, ma un elemento attivo della narrazione. Come sottolinea Monia Trombetta, direttrice ad interim di MAXXI Arte, “ogni opera qui instaura nuove relazioni con l’architettura e con le altre opere, creando un racconto autoriale che rinnova continuamente il significato delle Collezioni”.

L’allestimento si arricchisce di una dimensione educativa e partecipativa. Nel foyer Carlo Scarpa, un’area di lettura e approfondimento offre al pubblico documenti, schizzi e interviste che raccontano il contesto e il processo creativo degli artisti. Le mostre sono accompagnate da un programma di lezioni divulgative, improvvisazioni musicali e laboratori per famiglie e scuole, che amplificano il dialogo tra arte e pubblico. Inoltre, il progetto MAXXI per Tutti, finanziato dall’Unione Europea – NextGenerationEU, garantisce un’esperienza inclusiva attraverso audiodescrizioni, video in Lingua dei Segni Italiana e guide in Easy to Read.

The Large Glass e la mostra di Guido Guidi non sono semplici esposizioni, ma dispositivi critici che interrogano la funzione del museo e il ruolo dell’arte nella contemporaneità. Alex Da Corte costruisce un racconto alchemico che spinge lo spettatore verso un futuro immaginario, mentre Guidi ci invita a fermarci, a osservare il presente con uno sguardo rinnovato. Insieme, i due artisti offrono una riflessione complessa e stratificata sulla trasformazione, sulla memoria e sulla percezione.

Il vetro, simbolo centrale di The Large Glass, diventa metafora di un’arte che separa e unisce, che riflette e lascia passare la luce. La fotografia di Guidi, con la sua precisione minimalista, ci ricorda che anche il dettaglio più insignificante può contenere l’universo. Nel MAXXI, queste due visioni si fondono in un’unica narrazione corale, dove ogni opera è una tessera di un mosaico che sfugge a una definizione univoca, ma che invita a esplorare, a immaginare, a interrogare.

Come il vento che modella le rocce o la luce che si riflette sul vetro, l’arte di Da Corte e Guidi non è mai ferma, mai conclusa. È un movimento perpetuo, un continuo divenire che trasforma lo spazio e chi lo abita. E il MAXXI, con la sua architettura visionaria, ne diventa la perfetta incarnazione: un luogo dove passato, presente e futuro si incontrano, si scontrano, si trasformano. Photocredit @Vincenzo Labellarte

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Scritto da
Davide Oliviero -

Laureato in discipline umanistiche presso l'Università di Bologna sotto la guida del Professor Umberto Eco, ha avviato la sua carriera nell'archeologia classica, concentrandosi sulla drammaturgia greco-romana. Il suo interesse per il design lo ha spinto a seguire un corso triennale in design d’interni, continuando nel contempo a lavorare nel campo archeologico. Col tempo, ha sviluppato una passione per la scrittura e la musica classica, che lo ha portato a recensire opere liriche per 14 anni in teatri prestigiosi come il Teatro alla Scala, il Covent Garden e l’Opéra di Parigi. Ha inoltre curato contenuti culturali e musicali per diverse pubblicazioni. Negli ultimi anni ha scritto per la rubrica In Arte, trattando di mostre, teatro e arti letterarie a Roma, collaborando con istituzioni come le Scuderie del Quirinale e i Musei Vaticani. Ha recensito spettacoli teatrali, con particolare attenzione al musical e alla prosa, ed è accreditato presso i principali teatri italiani. La sua competenza lo ha reso un ospite frequente in programmi televisivi culturali, oltre a ricoprire il ruolo di giudice permanente per il Premio Letterario Andrea Camilleri. Attraverso i social media, promuove l’arte e la bellezza, fondendo abilmente leggerezza e profondità, rendendo questi temi accessibili a un vasto pubblico.

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